Debiti
a non finire, una moglie che ha fin troppo a cuore le proprie esigenze, uno
strozzino che ha una precisa filosofia di vita (“la libertà è una pistola in
gola”). E una scelta impensabile diventa di colpo la migliore. La stagione
teatrale Mutaverso diretta da Vincenzo Albano registra il suo terzo successo al
Centro Sociale di Salerno con “Homicide House” di Emanuele Aldrovandi. Per
evitare la vendetta dell’uomo che lo tiene in scacco (Luca Cattani, scaltro e
affascinante demiurgo) il protagonista (Marco Maccieri, che è anche regista e
orchestra con cura la tensione della messinscena) accetta la sua proposta:
essere vittima di ricchi carnefici in una casa in cui sfogare tutte le tendenze
distruttive. Le torture e la morte saranno ben pagate, ma la donna intenzionata
a infilargli un punteruolo nell’occhio (Valeria Perdonò, che gioca
sapientemente col ruolo di dark lady) è ossessionata dal bisogno di verità e
vuole conoscere tutto quello che si cela nel suo “giocattolo”. Con feroce
ironia, i personaggi dunque sono messi a nudo nelle loro motivazioni, diverse
facce della stessa nevrosi: quella di avere in pugno gli altri, che si tratti
della passione dello strozzino per l’aguzzina o dell’amore di quest’ultima per
il suo ostaggio. Tutto è però strutturato in modo che non si dimentichi mai che
si sta assistendo a una messinscena. Le figure sul palco si rivolgono talvolta
al pubblico e il loro ingresso è segnato da un aspro rumore metallico, come se
si aprisse una porta; il cappio in cui l’imprenditore fallito è invitato a
infilare la testa appare da una sedia della sua casa sospesa a un cavo, perché
è in quello che si crede stabile e statico (la famiglia, appunto) che si aprono
le crepe più vistose della rovina. Il tavolo diviene podio da cui pontificano,
come su un palco, l’usuraio o la moglie (l’attenta Cecilia di Donato, che come
ogni borghese vuole distinguersi a tutti i costi e nella sua ostinazione non è
meno inquietante di chi guadagna sulla pelle altrui). L’intento del regista è
chiaro. Nella sua dinamica tra oppressi e oppressori, il mondo intero è una
Homicide House. Ciò che sembra inconcepibile è a un passo da noi, abita nella
nostra mente. E quando il marito resta solo, circondato da cadaveri, si volge
alla platea. In quello sguardo ci sta ricordando che gli occhi assetati di
orrore sono comunque i nostri e che in questo gigantesco spettacolo basta poco
a diventare sinistri primi attori.
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