Com’è
difficile essere all’altezza di ciò che non ci somiglia. Ancor più difficile
però è mettere a tacere la propria anima. Tre donne (in realtà quattro con
l’anziana Naomi, interpretata all’unisono dalle tre attrici perché può
incarnare l’esito dei percorsi precedenti) si misurano con quello che la vita
pretende da loro in “Fragile” di Arnold Wesker, che Licia Amarante e Antonella
Valitutti hanno diretto presso il Piccolo Teatro del Giullare di Salerno. I ruoli
richiesti all’altra metà del cielo sono spesso scomodi: la donna amorevole e
premurosa che non vede oltre una serie di riti formali e che non a caso appare
di spalle all’inizio dello spettacolo, dato che la forma può tranquillamente
fare a meno dell’essenza (Stephanie, che Marika Mancini crea con appassionata
dedizione), la madre che deve combattere con i malumori della figlia (Ruth, che
ha il volto dell’ironica e tenera Bernadette Landi), la scrittrice chiamata a
giustificare il suo successo (Annabelle, tratteggiata con acuto disincanto da
Rosita Speciale). Nulla è tuttavia più debole delle maschere e ciò che è stato
attentamente nascosto riemerge. L’abbandono del marito, attratto da un’altra,
spinge Stephanie a comprendere di non averlo mai amato, divenendo di fatto
estranea a se stessa per la forza dell’abitudine. La divina monella, come Ruth
chiama sua figlia (Carlotta Costantino che appare con la leggerezza del sogno,
perché tale è ogni ragazza per chi la genera), induce la donna a prendere atto
del suo bisogno d’amore dietro l’ostentata indipendenza da ogni uomo. Annabelle
deve rispondere per due volte alla stessa intervista attraverso la voce fuori
campo di Antonella Valitutti: conoscere davvero è impegnativo ed è meglio
restare nel solco dell’assodato. Se però in un primo momento l’autrice
manifesta il suo approccio viscerale alla scrittura, come se fosse dominata dai
suoi personaggi, in seguito si dice interessata esclusivamente alla fama e al
potere. La cecità di un mondo incapace di comprendere è denunciata dal suo
cinismo. Le protagoniste hanno tutte perso qualcosa, ma non la capacità di
sentirsi vive, di ascoltarsi, di cogliere ciò che altri non vedono. La vecchia
Naomi, a cui resta soltanto la telefonata di un nipote a farle compagnia, fa bene
a ridere del principe azzurro: è l’idea che un miraggio possa colmare un vuoto
a essere davvero fragile.
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