Uccidere, riservare al defunto il compianto
di prammatica, avanzare ipotesi su eventi di cui in realtà si sa ogni dettaglio
(“Cos’e femmen, cos’e sord!”). Tutto è
un rituale in un mondo immobile, mentre innocenza e fragilità sono incidenti di
percorso. Basato sui testi di Alfonso Tramontano Guerritore, prezioso
equilibrio tra concretezza e fascinazione evocativa, “Fiore ammazzato” è lo
spettacolo che Antonio Grimaldi ha diretto con successo presso il Centro
Sociale di Pagani. Appare una scelta naturale che i sicari al soldo del
criminale di turno e le donne raccolte in preghiera alle esequie della vittima
siano interpretati dagli stessi attori: lo stesso Tramontano Guerritore,
appassionato e coinvolgente, e Alessandro Gioia, che orchestra con saggezza
irruenza e dolore, entrambi comari ironicamente ipocrite. Dove infatti non è
prevista una via di fuga, si respira la stessa opprimente atmosfera al di là
del proprio ruolo. Schizzo e Capitone si muovono con circospezione, anche
strisciando sulla schiena, lungo i confini della scena (il contesto violento e
rigidamente predeterminato che li condiziona). Al centro di questa geometria,
Andrea Torre impersona il ragazzo ucciso per sbaglio, che con spudorato candore
racconta la totale immedesimazione nella natura, dove non esistono quei cappi
che sono le categorie. Il merlo a cui allude e con cui si identifica, nel
riferimento alle piume sparse dappertutto, è immagine della vita stessa,
energia inarrestabile e disposta a scompaginare ciò che sembra ferocemente
inerte. I due amici pagheranno molto caro l’errore, che in realtà prova come la
malavita non sia riuscita a trasformarli negli automi che voleva. Il passo
falso apre uno spiraglio sui ragazzi senza filtri né malizia che sono stati e
che possono tornare a essere solo dopo la morte. In una dimensione temporale
che si gioca su più livelli, tornando su se stessa e aprendo a un futuro che
finge prospettive, il loro passato di
abbandono e di abuso risorge come il giocattolo nascosto al cui interno c’è la
cocaina (inutile tentativo di dimenticare). Immobili per sempre nell’attimo struggente
in cui tutto era ancora possibile, rivivono la purezza che il giovane ucciso,
specchio suo malgrado di quel che è stato perduto, anima come un monito. Tra le
ciarle delle due donne, non è cambiato nulla, eppure è mutato tutto. Calpestare
non basta : lo sguardo innocente è un fiore caparbio, osserva impudico e manda
in pezzi i piani. Attenti a ciò che seppellite: tornerà a sbarrarvi la strada.
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