Sesso e
denaro: non è forse questo che muove il mondo? Eppure esiste qualcosa che non è
addomesticabile né in vendita: la passione, per esempio. Frutto di uno stage
riservato a trenta interpreti (Laura Saviello, Francesco Siani, Rosalba Ronca,
Daniela Guercio, Nina Stimolo, Teresa Carotenuto, Nicoletta Chianese,
Mariavirgilia Vincensi, Lucia D’Aiutolo, Lucia Adinolfi, Carmen Maria Amoroso,
Antonella Ceriello, Adriana Marino, Massimiliano, Costabile, Raffaele Sansone,
Anna Bambini, Roberta Reggiani, Marianna Mari, Teresa Massaro, Maria Giovanna
Russo, Anna De Vivo, Gemma Dell’Isola, Adele Verdossi, Anna Rita D’Amaro,
Franca Guarino, Caterina Ianni, Simona Avallone, Camilla La Corte, Maria
Mazziotti, Maria Mattiello, oltre a Pasquale Petrosino che ha curato la direzione
organizzativa) “Clitennestra…i sogni” è lo spettacolo diretto da Antonello De
Rosa che ha concluso la rassegna Aspettando i Barbuti presso la Chiesa di
Sant’Apollonia di Salerno. La tragedia greca è sovvertita all’insegna
dell’avidità e dell’alienazione. Agamennone è deciso a tornare in patria solo
quando avrà “le tasche piene”, Ifigenia è sacrificata per una questione di
debiti, Elettra e Oreste vogliono la vendetta, ma anche controllare l’industria
paterna. I fantocci con cui si presenta Agamennone sono trofei, ma anche
immagine della riduzione delle persone a cose, tanto che uno di essi
rappresenterà il sovrano ucciso. In questo contesto è Clitennestra “l’anello
che non tiene”, la donna che dà scandalo ascoltando le sue viscere e uccidendo
chi ha calpestato la sua identità di donna e madre. Le figure in scena recitano
a turno i ruoli principali, perché un’anima ha più facce. Non si limitano al
ruolo interlocutorio del coro greco, ma agiscono da cassa di risonanza dell’inconscio,
portando alla luce tensioni e sensazioni inutilmente represse. Sospesa tra la
dimensione onirica e quella della follia, chiusa in un manicomio, Clitennestra contrappone
il furore del desiderio a un potere maschile che mira solo a perpetuare se
stesso. Non è un caso che Agamennone e
il dottore della casa di cura abbiano lo stesso volto. L’ossessione diventa libera
manifestazione di sé rispetto all’ipocrisia del contesto (il quartiere che
disprezzerebbe l’amore tra Oreste e Pilade) e poco importa se ciò che la
protagonista vive sia reale o immaginario. Non si può chiedere alla passione di
annullarsi.
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