“Si dice che i morti dormano. Non è
vero. Hanno gli occhi spalancati”, dice il pesce in cui si è trasformato un
bimbo appena venuto alla luce. Non potrebbe essere diversamente: vita e morte
vegliano l’una sull’altra tra le onde, dove un eterno presente muta ogni cosa e
la lascia com’è. Adattamento degli studi dell’antropologa Marilena Macrina Maffei, in particolare sulle pescatrici
delle Eolie nella prima metà del Novecento, “Mare - Mirabolanti Antichi Racconti Eoliani" ha concluso tra gli applausi “Teatri
in blu”, la manifestazione diretta da Vincenzo Albano. Sulla tonnara Maria
Antonietta al largo di Cetara, Francesca Pica si è affidata alla duttilità
della voce e del gesto, facendo rivivere tra passione e meraviglia un mondo di
miti, fiabe, simboli che rende inautentica e antiumana la cosiddetta normalità.
Nel sogno in cui si incontrano, prima di fondersi, la protagonista e la
pescatrice (visione ricorrente della metamorfosi di un bambino in pesce, perché
sulla spiaggia ogni fine è rinascita), l’invito a respirare un mondo di fatica
e mistero apre la natura a una dimensione che libera e incanta. Tra serpi dai
folti capelli, spiriti irridenti, tartarughe che diventano bambole, case che
vogliono restare vuote a mezzanotte, il ragno, ovvero la rete da tirare almeno
in quattro, il fantastico evidenzia per contrasto l’ottusità di un contesto
sociale modellato su uomini lontani dal punto di vista affettivo, soprattutto
quando sono mariti o padroni, e su donne viste unicamente come forza lavoro.
Ecco allora il carisma delle maiare, votate al diavolo e capaci di volare, ben
lontane nella leggerezza delle membra e dell’animo dalla violenza che riempie
le reti di corpi straziati. La zia Core, che nottetempo raggiunge in volo
l’America per vedere, anche solo addormentata, la figlia sposata laggiù, incarna
l’irriverente bisogno di essere semplicemente se stesse che le maiare provano e
che nessuno potrebbe mai benedire o imprigionare. Tra loro, che seducono e si
fanno beffe di tutto, si perderà la protagonista spossata da una vita di travagli
e ancora una volta sarà vano chiedersi dove sia il confine tra vivere e
sognare. Il mare, che rende stranieri e affratella, che nutre e scarnifica, che
culla e abbandona, ascolta con pazienza le storie di chi non può fare a meno di
lui e Francesca Pica esorta ad accendere i sensi: non accontentatevi, sembra
dirci, di una vita dal fiato corto.
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