“Berlino
è ciò che sono i testicoli per un uomo. Quando voglio far strillare
l’Occidente, schiaccio Berlino”. Non si può affermare che Kruscev difettasse di
concretezza e schiacciare una città era all’epoca terribilmente facile. “Berlino,
cronache del muro” è l’accurato percorso storico che Ezio Mauro ha proposto al
pubblico della Sala Pasolini con Massimiliano Briarava, appassionato compagno
di viaggio nella narrazione. Le immagini alle spalle dei due lettori sono
insistentemente speculari, a dimostrare come, nonostante tutto, le due anime
della capitale non possano fare a meno di riconoscersi l’una nell’altra. La
divisione di Berlino in quattro settori d’influenza non appaga i vincitori del
secondo conflitto mondiale, date le tensioni che li dividono. La Nato e la Ddr
dimostrano che la guerra fredda è un partita che si gioca senza esclusione di
colpi. La difesa del regime, come stabilisce Ulbrich, leader del partito di
unità socialista di Germania in accordo con Kruscev, richiede misure drastiche
e il 13 agosto 1961 famiglie e amici sono separati da un muro che chiederà un
osceno tributo di sangue a chi desidera la libertà. Indimenticabili le vicende
della coppia di posdani, che, pur di raggiungere l’ovest, si gettano in un
fiume con il proprio bimbo di diciotto mesi in una scatola di latta o la
bastonatura inflitta a una madre solo per aver osato salutare la figlia al di
là della linea di fortificazione. La Stasi, la polizia segreta della Ddr, non
conosce riposo. Ha un informatore ogni cinquanta abitanti; non è possibile
neppure tagliarsi la barba o sposarsi senza la sua autorizzazione; 100.000
lettere sono intercettate ogni giorno; abiti e libri sono contaminati con
sostanze radioattive, per rendere sempre reperibili coloro che li usano. Perfino
le cabine telefoniche si illuminano di colpo, se la chiamata è diretta a un
Paese straniero. La situazione di Christa Wolf, spiata e al tempo stesso fonte
di informazioni per i funzionari che agiscono nell’ombra, mostra
l’irrisolvibile coesistenza di colpa e di aspirazione a una società diversa. Nessuna
deformazione del reale è tuttavia duratura. Si ha un bel dipingere la Ddr come
un paradiso in cui l’amore libero garantisce alle donne il doppio degli orgasmi
rispetto alla sezione occidentale della città. La pervicacia di Honecker, che
rasenta la cecità nella consacrazione alla causa, non meno della moglie Margot,
che vuole giovani in armi a difesa del socialismo, è destinata a essere
sconfitta dalla storia: quando il miraggio dell’indipendenza brilla con maggior
decisione, la perestrojka segna il disfacimento della visione comunista. Oggi
il crollo del muro dovrebbe risuonare con inaudito fragore, per ricordare che
nessun guinzaglio si può stringere a lungo alla gola di un popolo.
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