La nostalgia della
normalità, la coscienza di come i sogni possano naufragare, le trappole della
diversità sono al centro di “Effetto C.C.- Il topolino Crick”, lo spettacolo
scritto, diretto e interpretato da Francesco Silvestri (nella foto di Adele
Filomena) che sarà proposto in video proiezione, alla presenza dell’autore, il 14
novembre alle 21 presso il Piccolo Teatro del Giullare. L’iniziativa, che
prevede un contributo volontario di 5 euro, nasce dalla collaborazione tra la
struttura di Via Incagliati e l’associazione culturale Erre Teatro, in vista
del sostegno a Teatrografie, il progetto ideato e diretto da Vincenzo Albano.
Silvestri, tra i più affascinanti artisti della scena italiana (suo il Premio
Ubu come miglior attore nella versione di “Sabato Domenica e Lunedì diretta nel
2002 da Toni Servillo), debuttò con quest’opera il 22 aprile 1987, riscuotendo
un grande successo di pubblico e critica. Un chirurgo e uno psicoterapeuta si
servono di Antonio Cafiero, un ritardato mentale, per un audace esperimento:
aumentare notevolmente il quoziente intellettivo attraverso un’operazione, la
stessa sorte toccata alla cavia Crick. Antonio è consumato dal desiderio di
essere accettato e amato: non vuole più patire la solitudine di chi viene
considerato sbagliato, fuori posto. Ma l’intelligenza è un dono avvelenato. È
proprio l’animale a dimostrarlo per primo, assumendo un comportamento che
oscilla tra aggressività e prostrazione. La durata dell’esperimento è limitata:
l’uomo è destinato a regredire di nuovo, a perdere quella occasione di felicità
che gli era stata prospettata come un saldo punto di approdo. Ecco allora che
l’andirivieni della mente tra passato e futuro, la freddezza degli specialisti,
la consapevolezza dell’esistenza come una prigione costellata da inganni fanno
di “Effetto C.C” uno dei copioni più dolorosi e coinvolgenti su quella
condizione inaggirabile che è la fragilità. La logica mostra incongruenze ed
errori, la follia disarma nella sua innocenza, nella sua incapacità di filtrare
le emozioni e addomesticarle. Lo stesso scrittore e attore racconta il suo
rapporto con questa pièce che chiede moltissimo al suo interprete in “E poi
sono morto. La drammaturgia non postuma di Francesco Silvestri”, la monografia
che Albano gli ha dedicato: “Ricordo di non aver quasi mai provato il finale
perché mi metteva di fronte ad una commozione che non riuscivo a trattenere.
All’interno del testo ci sono delle cose che mi appartengono, che riguardano la
mia infanzia. Parlarne mi fa battere il cuore.”.
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