Accostarsi.
Prendere le distanze. Avvicinarsi di nuovo per ascoltare il buio e parole
scabre. È un’attenta geometria dell’anima “Mari” di e con Tino Caspanello al
fianco di Cinzia Muscolino, che ha concluso sulla tonnara Maria Antonietta a
Cetara “Teatri in blu” a cura di Vincenzo Albano. Una situazione proposta nella
più nuda concretezza (una donna che vuole a casa il suo uomo e quest’ultimo che
preferisce restare in riva al mare) si apre lentamente a nuove possibilità di
comprendere se stessi e il proprio rapporto con il mondo. Dialoghi e gesti sono
ridotti all’essenziale in una recitazione coinvolgente proprio nella sua immediatezza:
la tenera tenacia della Muscolino si contrappone a un fermezza capace di
divenire empatia in Caspanello. Tutto ciò che vuole essere stabile e definito e
che si riflette nella donna, nella sua attesa percorsa dal desiderio, incontra
quello che non può essere arginato o controllato: il mare, naturalmente, ma
anche il bisogno di vivere senza lacci o categorie che il protagonista avverte.
Nel rivelarsi passo passo l’una all’altro, i personaggi cancellano la distanza
tra finito e infinito, rendendo familiare ciò che sembrava oscuro. L’uomo
accoglie il calore della vicinanza, mentre la donna scopre nella dimensione
dell’ignoto, che sia il silenzio del compagno o la distesa acquatica, come
percepire ciò che nell’ordinario non ha voce. Quando le mani si intrecciano
sulla battigia per vincere la paura di lei verso il mare di notte, eternità e
fragilità si sciolgono nello stesso respiro. Non c’è mondo vasto quanto quello che
abita dietro le parole.
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