Il
concetto di performance è immediatamente associabile a un palcoscenico, ma gli
oggetti ne sono a loro volta attraversati con una feroce rapidità. Il
consumismo, infatti, esige che tutto ciò che è utilizzato sia immediatamente
rimpiazzato da qualcosa che subirà la stessa sorte, con una voracità
distruttiva che ha il volto dell’alienazione. Il mondo artistico può tuttavia
offrire una via di scampo, come dimostra “Upcycle. Quando l’arte reinventa il
mondo”, l’esposizione a cura di Silvio Mignano e Antonello Tolve, in programma
dal 5 maggio al 31 luglio 2022 presso la Residenza dell’Ambasciata d’Italia in
Elfenstrasse 14 a Berna. La collettiva ha il sostegno di numerosi enti (l’Ambasciata d’Italia a Berna, in collaborazione con il Consolato
Generale d’Italia Zurigo, il Consolato Generale d’Italia Lugano, il Consolato
Generale d’Italia Ginevra, il Consolato d’Italia Basilea e l’Istituto Italiano
di Cultura Zurigo, la Fondazione Filiberto e Bianca Menna di Salerno/Roma, il
TOMAV experience di Ancona e la rivista ArShake Reinventing Technology di Roma)
e propone le opere di Mrdjan Bajic, Elena Bellantoni, Tomaso Binga, Manuel
Canelles, Filippo Centenari, Fabrizio Cotognini, Valentina De’ Mathà, Katharien
De Villiers, Isora Degola, Sabine Delafon, Ulrich Egger, Matteo Fato, Giorgia
Mascitti, Claudia Giannuli, H.H. Lim, Patrizia Molinari, Deborah Napolitano,
Laura Paoletti, Francesca Pasquali, Marina Paris, Lamberto Pignotti, Enrico
Pulsoni, Marco Raparelli, Fabrizio Sannicandro, Giuseppe Stampone, Giovanni
Termini, Eugenio Tibaldi, Adrian Tranquilli, Fosco Valentini e Narda Zapata. Era il 1994 quando
l’ingegnere meccanico Rainer Pilz coniò il termine upcycle, che non consiste
semplicemente nel riutilizzare un materiale destinato all’immondizia, ma nel
rivalorizzarlo, mutandolo in qualcosa che assume un peso ben più ampio rispetto
alla funzione originaria. L’artista è da sempre colui che individua un volto
nuovo nell’assodato e ne rivoluziona la percezione. Appare dunque naturale che
i protagonisti dell’esposizione attuino un ripensamento della materia rifiutata
dalla logica di mercato, arricchendola di significati ulteriori e rendendola
nuova occasione di scoperta, dialogo, codificazione di categorie non
asfittiche. L’oggetto, che conosce una nuova natura e recupera il suo spazio in
un contesto, diviene, in tal modo, sfida alla possibilità che quello stesso
contesto ha di definire se stesso. L’elemento, che non ha nessun diritto di
cittadinanza nella logica capitalista dello sfruttamento e dell’annichilimento
di quel che, fino a poco prima, è apparso indispensabile, si fa parte
integrante di un discorso di libertà creativa e di nuove modalità comunicative.
Si apre, infatti, contemporaneamente, al passato e al futuro, accogliendo
significati sempre rinegoziabili lontano da ogni ottica meramente commerciale.
L’ambasciata d’Italia a Berna ospita la mostra nell’ambito dell’ampio programma Residenza delle Arti e la scelta non può
non avere valore simbolico. Le opere degli artisti, infatti, possono essere
davvero considerate ambasciatrici di un nuovo e necessario legame con una
materialità che riflette e modifica il rapporto tra chi utilizza e ciò che è
utilizzato, riscattandolo dalla prigionia del pensiero lineare.
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