Il palco è
ancora al buio quando risuona il canto del rematore. L’uomo emerge dall’ombra e
in un movimento circolare scandisce il ritmo battendo sul petto. Sul mare il
tempo ricade di continuo su se stesso e corpi e onde sono parte dello stesso
respiro. Presso il Piccolo Teatro del Giullare di Salerno, in una scena
riempita solo dal suo carisma, Carlo Gallo ha guidato il pubblico di Geografie,
la rassegna ideata e diretta da Vincenzo Albano sul teatro calabrese
contemporaneo, nel mondo primitivo, eppure vicinissimo, di “Bollari”, il nome
che i pescatori crotonesi danno ai tonni, salutati con gioia come una promessa di felicità. Su quella
parola, urlata con tutta la disperata
energia di chi sogna un altrove, si chiuderà la messinscena strutturata come un
intreccio di storie di uomini dediti da sempre alla pesca in un contesto a cui
sembrano bastare i propri confini, ma che non sfugge alla violenza della
storia. A figure delineate con realismo spiazzante (Mastu Rafele, padre nel
narratore, orgoglioso e devoto conoscitore delle insidie dello Jonio che si è
giocato una mano per una delle molte bombe fabbricate per uccidere i tonni;
Suricicchio, che riscatta dinanzi alla morte la sua fragilità) si contrappone
la tronfia prepotenza del fascismo, che oscilla tra retorica (la frase
mussoliniana sul passo avanti a cui la Calabria è destinata) e prove di forza dal fiato
corto. La realtà dei pescatori è percorsa da tensioni e contrasti, come mostra
la lotta alla fame e il desiderio di controllare la Cicella, la più grande
imbarcazione del tempo, ma possiede una forza e una dignità che nessun potere
costituito può anche solo lontanamente immaginare. L’episodio, realmente
accaduto, del cammello impigliato tra le reti, probabilmente gettato in mare da
una nave fascista, diventa metafora dell’assurda pretesa, che puntualmente
naufraga, di spingersi oltre tutti i limiti e che è propria di chi sceglie la
via della guerra. La bomba che uccide Rafele e i tonni è una prefigurazione
della frattura tra natura e uomo che il conflitto porta con sé. E se esplosioni
ben più selvagge vogliono cancellare racconti e memorie, Carlo Gallo, moderno
aedo, fa rivivere i sogni e il coraggio di chi insegue i bollari (e dunque, la
vita) a dispetto di quel veleno che è l’ansia di ditruggere.
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