Kitsch, brutti, violenti,
pornografici. E dunque, irresistibili. Era il 4 aprile del 1978. Chi diavolo
poteva immaginare che l’alabarda spaziale di Goldrake si sarebbe conficcata
nella mente e nel cuore di un’intera generazione? Applaudito dal pubblico del
Teatro del Giullare di Salerno, “Ecce Robot. Cronaca di un’invasione” ha aperto
la seconda edizione di “Per voce sola”, la rassegna, nata dall’impegno
dell’associazione culturale Erre Teatro, che ha in Vincenzo Albano il suo
direttore artistico col sostegno del Comune di Salerno, di contributi privati e
la collaborazione di Pura Cultura e di Fonderie Culturali. Ricostruendo
con divertente scrupolo filologico il
primo e l’ultimo episodio di Mazinga Z, un cult di quegli anni, Daniele Timpano
rende omaggio al creatore di questa e altre serie di successo, Go Nagai, nel
dar vita a tutti i personaggi e nell’ispirare ai cartoni nipponici il suo
stesso approccio al palco, come il conto alla rovescia per la fine dello
spettacolo che crea la tensione adatta a un’astronave. Lo sguardo spiritato, i
movimenti a tratti convulsi, le espressioni spesso fissate in una maschera
buffa non lo farebbero affatto sfigurare in un plot del Sol Levante. L’adrenalina
profusa in uno spettacolo che non conosce attimi di cedimento è elogio della
sfrenata libertà espressiva a cui i robot hanno aperto le porte e il protagonista si presenta come il frutto di una
mutazione antropologica (cosa aspettarsi da chi alle elementari camminava
alzando le ginocchia come Lupin III?). La stessa temuta, denunciata e
osteggiata da gran parte dell’opinione pubblica di quarant’anni fa, dalla
lettera dei seicento genitori di Imola contro l’inaridimento intellettivo ed
emotivo dei figli made in Japan alla demonizzazione di Nantas Salvalaggio, che
nella tragica morte di un bimbo ammiratore di Goldrake vedeva senza appello il
male che avanza (e qui il sarcasmo riesce a giocare tutte le sue carte senza
ledere neppure in parte il dramma). Ma ecco l’orgoglioso capovolgimento della
questione. È vero, gli eroi d’acciaio sono entrati nel dna, sarebbe stato probabilmente
meglio far saltare in aria un democristiano in quel periodo travagliato invece
di passare pomeriggi interi davanti a quelle trasmissioni e lo stesso teatro di
Timpano rivendica con comica ammirazione di essere nato da quella produzione a
basso costo. Dietro l’onnipresenza del televisore però vi era l’assenza degli
adulti o le loro tensioni malate: il ricordo di una gamba tagliata al padre in
una lite è la grottesca dimostrazione di come l’orrore ami nascondersi nella
quotidianità. Nulla spaventa un bambino più di una famiglia in pezzi. Mamma e
papà che vomitano veleno l’uno sull’altro dietro una porta a vetri turbano più
di qualunque mostro. E il missile fallico di Mazinga Z farà sempre minor danno
di un genitore anaffettivo, che relega davanti al piccolo schermo chi ha solo
voglia di sognare un po’ di più.
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