Il segno è una terra aperta
alle più disparate conquiste, uno spazio le cui coordinate sono soggette a
mutamenti imprevedibili, un gioco che si autoalimenta all’insegna della più
spudorata ambiguità. Un’ambiguità che si nutre dell’energia del palcoscenico,
dissolvendo ogni diaframma tra i volti dell’arte. Su questo assunto ha costruito
il suo percorso Tomaso Binga, al secolo Bianca Pucciarelli Menna, che
inaugurerà la sua personale “Scrivere non è descrivere!” (il titolo è un verso
della stessa Binga) oggi, 24 settembre, alle 19 presso la Galleria Tiziana
Di Caro in Piazzetta Nilo 7 a
Napoli. Le componenti del linguaggio diventano in lei occasione per annullare
ogni confine tra materia e suono, rendendo gli elementi espressivi un’arma
contro ogni discriminazione e appiattimento della percezione. La mostra, aperta
fino al 14 novembre, proporrà la serie “Scrittura vivente”(1976), dove il corpo
dell’artista, nel divenire lettera o comunque elemento base di un dialogo
sempre aperto con lo spettatore, intende abolire la tirannia del codice
favorendo cosi la più totale libertà espressiva. Il Dattilocodice del 1978, in cui grafemi
sovrapposti alla macchina da scrivere creano un nuovo livello iconico, a tratti quasi una sorta di arazzo onirico,
carica il significante di una polisemia che attinge al prelogico per restituire
a se stessa la facoltà di reinventare ed esplorare l’assodato. Oltre alle opere
dei primi anni Settanta, non ultimi i disegni e i collage, i visitatori
potranno visionare parte della produzione esposta alla Biennale di Venezia del
1978. Non potrà mancare “Ti scrivo solo di domenica”(1977), la performance in
cui l’emancipazione femminile è descritta come la meta di un viaggio complesso
e necessario, per quanto gli ostacoli si accavallino. In
un anno di corrispondenza con un’amica a cui sono inviati sette biglietti alla
settimana, solo il settimo contiene un messaggio, dato che la domenica è
l’unico giorno di genere femminile. Il tempo diviene cosi spazio di urgenze e
sensazioni che rivendicano il diritto a riscrivere la vita. Senza rinunciare
all’ironia anche quando l’amarezza prevale, la poesia sonora di Binga, che
difende la scelta dell’identità di riscrivere i propri percorsi oltre ogni
condizionamento, è una continua esortazione a una rivoluzione sociale che
abbatta definitivamente il razzismo ideologico in tutti i suoi aspetti e
l’esposizione della Galleria Di Caro vuole fare da apripista a un ciclo che
illustri le tappe di una protagonista della scena culturale italiana.
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