“Hai mai
visto un colore cambiare?- dice la voce fuori campo-Io sì: il colore del sangue
quando si secca”. È questo che si rimprovera a Carmen: quella seduttrice non
può che essere sempre e solo rovina per chi l’incontra, sempre e solo se
stessa. La vera accusa è invece un’altra. È troppo fedele alla propria anima
per non avere il coraggio del cambiamento, anche se le è fatale. Vitalissima
sarabanda tra i più disparati generi musicali (salsa, flamenco, blues, tango) diretta da Mario Tronco, la versione del
capolavoro di Bizet proposta dall’Orchestra di Piazza Vittorio ha entusiasmato
il pubblico del Teatro Verdi di Salerno. Si tratta di un colorato invito ad
assaporare ogni sfumatura del ritmo nella sua capacità di liberare istinti e
sensazioni. L’ironia accomuna le soluzioni sceniche. La gigantesca palla di
vetro con tanto di romantico scenario montano alle spalle, in cui Josè e Micaela si mostrano vicini, allude a una vita
chiusa nella sua rassicurante prevedibilità: prevedibilità ostentata e proprio
per questo destinata a crollare. La cella che deve rinchiudere Carmen è
un’inferriata su ruote che si trasforma in alcova e gabbia per Josè. Sono i
sensi la prigione da cui non si vuole evadere. È costantemente ribadito
l’invito ad abbandonarsi alla sensualità di cui è riflesso la musica nel suo
oscillare tra registri contrastanti .La coppia di cantanti che segue da vicino
le vicende dei due amanti è specchio del pubblico e rimanda all’universalità
della vicenda: chi vive una passione si ritrova infatti sdoppiato, perché sa di
non appartenere più a se stesso. E quando Josè uccide Carmen nell’illusione di
possederla, chi la porta via la solleva come il corpo di Amleto, perché tutti
vedano e ricordino che sfuggire al delirio amoroso è impossibile quanto
sfuggire alla morte.
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