C’è posto per
un unico solipsista al mondo, pensa Luigi. Peccato che non vi sia follia più
frequentata di chi crede di essere la ragione di tutto. Applaudito presso il
Centro Sociale di Via Cantarella a Salerno nell’ambito della seconda stagione
di Mutaverso, diretta da Vincenzo Albano, “It’s app to you-o del solipsismo” è
lo spettacolo che la compagnia Bahamut dedica al legame
tra reale e virtuale che sfumano l’uno nell’altro fino ad azzerare ogni
diaframma. Leonardo Manzan, ideatore e regista, Andrea Delfino e Paola Giannini
sono l’Algoritmo che controlla un gioco in rete (ma il suo dominio si estende
anche alle ossessioni umane), il giocatore sorteggiato per risolvere il mistero
di un omicidio e la ragazza uccisa che, obbedendo ai comandi dello smartphone
di Luigi (indicato non a caso con 47, il numero del sorteggio: tutto è ridotto
a mera funzione del programma), si muove tra indizi, supposizioni, intrattenimenti
che scandiscono la ricerca del colpevole. Quello tra il pubblico e
l’investigatore è un rapporto che oscilla tra distanza ed identificazione. È
inizialmente seduto in platea, un uomo della folla inquietante proprio in
quanto tale, per poi intervallare l’azione con sue riflessioni su di una
solitudine che diviene pretesa di modellare cose e persone a piacimento. Come
esorcizzare il cambiamento, la morte, quel disturbante rumore di sottofondo che
sono le opinioni altrui? Riconoscendo il proprio ruolo di demiurgo. Ruolo di
cartapesta, perché le parole e i movimenti della donna, doppiata da Algoritmo e
creata ad hoc per divertire (nel senso originale di distogliere la mente da
altro. Dalla propria sterilità, per esempio) metteranno in crisi 47. Da
strumento, la ragazza diventa interlocutrice a tutti gli effetti fino ad
assumere un’umanità e un disincanto che la rendono scomodamente vera, mentre
l’uomo sarà inesorabilmente inghiottito dal gioco fino a non poterne più
evadere. Luigi capirà che la giovane si è tolta la vita, ma come in una partita
a carte truccate la vittoria si tramuta in sconfitta crudele. Lei sarà libera,
sottratta al copione previsto, e il giocatore la sostituirà. Chi pretende di
generare il mondo viene ridotto a ingranaggio di un meccanismo senza confini e
senza pietà, alla ricerca del prossimo sfidante, anzi, della prossima preda.
Neanche Algoritmo è libero, incarnato in ciò che controlla e che ne giustifica
l’esistenza. Il virtuale è solo prolungamento ostinato di un’incapacità totale
di pensare altro da sé. Non resta che ricominciare la partita: la trappola ha
fame di altre vittime.
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