Lo scenario non potrebbe
essere meno incoraggiante. Non resta più nulla della cosiddetta civiltà, nulla
delle convenzioni su cui gli uomini hanno basato la loro vita. Eppure proprio
in questo vuoto di senso si impone la necessità di rifondare la memoria e il
futuro. “N’hanno fatto crerere paravisi” è lo spettacolo, di scena stasera alle
21 al Piccolo Teatro del Giullare di Salerno, che vede la giovane salernitana
Maria Scorza nel duplice ruolo di drammaturga e interprete. Il cast comprende
Michele Di Stio e Andrea Paolotti, che firma anche la regia. L’appuntamento
rientra nell’iniziativa “Tra scrittura e performance” ideata da Vincenzo
Albano, direttore artistico di Erre Teatro e già ideatore del progetto
Teatrografie 2013 dedicato alla scrittura di Francesco Silvestri (è in fase di
studio il secondo appuntamento), in collaborazione con Formiche di vetro teatro
e Danad associazione culturale (Associazione Diplomati Accademia Nazionale
d’Arte Drammatica). Dopo il debutto di Luca Trezza con “Www.testamento.eacapo”,
con cui Formiche di vetro ed Erre Teatro parteciperanno al Festival Le voci
dell’anima ( la prima tappa è prevista a Gioia del Colle, al Teatro Rossini il
giorno 8 aprile) e al Torino Fringe Festival nei primi giorni del mese di
maggio, “N’hanno fatto crerere paravisi” attinge all’immaginario della
classicità per concretizzare l’eterno contrasto tra rigenerazione e
distruzione. In un desolato paese di montagna, ad Asteria non resta che una
pagnotta indurita a cui riserva un vero e proprio culto, a monito dei danni che
egoismo e sopraffazione hanno portato alla società. Al suo fianco ci sono la
nipote Demetra e un giovane che arriva dalla città, Glauco. Il loro intento è
quello di ricostruire una civiltà nei pressi di un fiume (che sembra possedere
a tutti gli effetti le caratteristiche di un essere vivente), ma devono
difendere i propri sforzi da Leto e dal Soldato, che mirano a sfruttarli per
poi disfarsi di loro. Attraverso le suggestioni del dialetto cilentano e una
simbologia che non opprime, ma rende ariosa la messinscena, Maria Scorza si
orienta verso la radice dell’atto teatrale: una commistione di forze che getti
uno sguardo non vincolato al contesto che lo ha prodotto e al tempo stesso si
faccia baluardo delle ragioni di una umanità che ha più che mai l’esigenza di
ritrovare se stessa, anche a costo di guardare fino in fondo nell’abisso. È
terribilmente facile creare ovunque il deserto; ricostruire a dispetto di ogni
ostacolo è un atto di folle amore.
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