Non chiedetevi cosa nasconda
la sana tranquillità borghese. Potreste incappare in segreti orribili. Mariano
Rigillo è stato il protagonista di “Erano tutti miei figli” di Arthur Miller,
in scena presso il Teatro Verdi di Salerno per la regia di Giuseppe Dipasquale.
L’ampia e luminosa veranda dove tutto si svolge, in quanto microcosmo di
personaggi dediti ossessivamente al proprio interesse, riflette e al tempo
stesso contrasta con l’essenza del dramma. Tutto è sotto gli occhi di tutti (la
colpa del protagonista è nota), ma il nitore della credibilità, della
ricchezza, della potenza occulta la marcia logica del profitto a ogni costo.
Una serie di contrasti innerva la narrazione in cui i dialoghi sembrano di
cristallo, pronti a infrangersi sotto il peso delle parole: l’utopia di Chris
su di un progresso dal volto umano si contrappone alla spregiudicatezza del
padre, la fidanzata di Larry, il figlio disperso, vuol rifarsi una vita contro
l’ostinazione di Kate, la madre di famiglia che irragionevolmente lo attende,
l’affettuosa vicina di casa odia in realtà la prosperità dei Keller. Dietro
l’attesa della donna, che Anna Teresa
Rossini interpreta oscillando con saggezza tra esasperazione e inquietudine,
c’è la speranza che il male non presenti un conto insostenibile. Speranza
frustrata, come mostra il fulmine che si abbatte sull’albero nella scena
iniziale, prefigurando la catastrofe. La recitazione degli interpreti (Ruben
Rigillo, Silvia Siravo, Filippo Brazzaventre, Barbara Gallo, Enzo Gambino,
Annalisa Canfora, Giorgio Musumeci) è dapprima contenuta nel tentativo di
razionalizzare ciò che provano, ma poi il rimosso emerge con forza inaudita,
compromettendo legami e convinzioni. Come in un noir in cui il passato attende
solo il momentro per colpire con violenza, non ci sarà alibi che tenga per Joe
Keller, l’uomo tutto quattrini e famiglia. Gli attori restituiscono l’ambiguità
dell’opera: l’industriale è carnefice, ma anche vittima di un meccanismo
economico-politico che può fare tranquillamente a meno dell’etica, così come il
cinismo contamina anche l’idealista Chris. Il capitalismo finisce col
cannibalizzare se stesso. Anteponete pure il denaro a tutto, sembra dire
Miller, e troverete molti motivi per farvi saltare le cervella.
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