Credete che la leggerezza
sia innocua? Vi sbagliate. Può essere più affilata di un coltello, come mostra
“Cronaca dannata”, l’ultima opera di Marco Pomar che trova in Dario Corallo
(che firma le illustrazioni) e in Mimmo Calabrò (autore dei fotomontaggi) i
migliori complici per questa lotta ironicamente spietata contro stupidità e
doppiezza. Nel raccontare il biennio a dir poco convulso tra il novembre 2011 e
l’ottobre 2013, l’autore dimostra due dati con una lucidità che farebbe
impallidire Cartesio: la certezza di vivere nel Paese più assurdo del mondo
(casomai qualche anima pia nutrisse ancora dubbi in proposito) e le possibilità
inesauribili del linguaggio comico. Che si tratti di politica, gossip o
economia, il ritmo narrativo di Pomar non viene meno, sia che ricorra alla
frase ad effetto, sia che si affidi alla parodia di notissimi brani musicali o
a scambi di battute che sembrano copioni teatrali in piena regola, per tacere
del ricorso a registri che spiazzano (lo stile da editto medievale per celebrare
la leaderhip di Marina Berlusconi, per esempio). La frase lapidaria asseconda
il gusto della dissacrazione e ben si addice alla realtà fotografata da
“Cronaca dannata”: frammentaria, incongrua, paradossale. Pomar prende le
distanze da una critica moralistica come da un umorismo teso solo a
sorprendere. La comicità di queste pagine ribalta la notizia attraverso uno
spregiudicato senso del gioco che contrappone alla presunta chiarezza
dell’avvenimento la fertile ambiguità delle parole. Quel che viene riportato
esplode dunque dall’interno, perché il suo punto di forza o comunque la sua
peculiarità diventa occasione per farlo a pezzi attraverso una
risemantizzazione che rismescoli di continuo le carte a dispetto di una visione
univoca. La scrittura di questo volume è liberatoria, non soltanto per il
divertimento che assicura: rivela come non ci sia maschera o convinzione o
sistema che possa resistere a lungo. Spetta allora al sarcasmo fungere da
antidoto a quell’inquietante anagramma che è la vita.
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