giovedì 20 luglio 2017

“Teatri in blu”, i prossimi appuntamenti



Una storia dovrebbe essere sempre raccontata in riva al mare. Solo le onde sanno infatti restituirne il respiro e l’ambiguità. Dopo l’affascinante performance di Carlo Gallo in “Bollari-Memorie dallo Jonio”, dove i ricordi di una comunità di pescatori diventano affresco potente sulla libertà e la violenza, il progetto Teatri in Blu, che ha in Vincenzo Albano il suo direttore artistico, prosegue a Cetara sulla Tonnara  Genevieve  il 21 luglio alle 21 con “Patres”, diretto da Saverio Tavano. Il titolo sembra alludere a una dimensione immobile, ma ciò che si ripete sempre allo stesso modo (l’attesa di un padre che non vuole restare) racchiude tensioni che non si lasciano soffocare. Il figlio cieco che vive senza filtri il suo approccio alla vita con una fune alla caviglia, che è protezione, prevaricazione e persistenza dei legami (Gianluca Vetromilo  perfettamente a suo agio nella spudorata innocenza del personaggio) è complice e distante dal padre che lo investe con il suo vitalismo (Dario Natale, che orchestra con efficacia tutte le sfumature della dolcezza e della crudeltà). La concretezza suadente del vernacolo ha il sapore del desiderio e di qualcosa che sfugge, che sia una felicità perduta o un approdo da inseguire. Il difficile equilibrio tra padre e figlio trova un’eco nel rapporto compromesso con la natura. Si allude a una nave mefitica, a un danno che forse ha avuto la sua vittima proprio nel giovane protagonista. In questa storia di ritorni e di distanze sovvertite che allude alla dimensione omerica, lo struggimento di chi vorrebbe tornare a essere parte del tutto, senza maschere o limiti, innerva uno spettacolo di rara intensità. La rassegna prosegue il 28 luglio con “Mari”, di e con Tino Caspanello al fianco di Cinzia Muscolino. Attraverso un lavoro minimale, che giunge all’essenza delle cose puntando su un’immediatezza che diviene profondità, l’uomo e la donna che sembrerebbero del tutto inconciliabili (lei lo vuole a casa, lui preferisce la solitudine del pescatore sulla battigia), creano un dialogo ridotto all’osso che riflette il bisogno di certezze e l’ansia di perdersi nell’assoluto, la vicinanza e la lontananza, l’urgenza di comprendersi e la necessità di essere rinchiusi ognuno nel proprio mondo. La distesa marina che li accoglie regala una nuova bellezza alla fragilità: ciò che non si lascia imprigionare si unisce con quello che è sottoposto allo spazio e al tempo per poi dissolvere ogni grado di separazione tra finito e infinito. Tutto diventa possibile, quando sono le onde ad ascoltare.

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