Risale al 1948,
ma qualunque epoca potrebbe riconoscersi in questo copione. “Le voci di dentro”
che Toni Servillo, degnamente affiancato dal fratello Peppe, propone fino al 28
aprile al Piccolo Teatro Grassi di
Milano, è forse il testo in cui Eduardo De Filippo mette a nudo il suo
pessimismo più feroce. Le voci a cui il titolo allude sono quelle
dell’inconscio (un sogno tanto verosimile da divenire accusa di omicidio), ma
anche gli istinti inconfessabili celati dietro la presunta normalità, il
rancore amaro per una vita in cui la vicinanza è occasione di raggiro e
contrasto. A questa condizione si può contrapporre solo il rifiuto della parola
che stravolge e illude (i fuochi d’artificio di zi’Nicola) o la sofferta
estraneità a un contesto che osserva, senza avere la capacità di rimuoverle, le
sue macerie morali.
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