La virtù? Roba da signori,
da persone tranquillamente inserite nel sistema, non certo alla portata di un proletario
che deve quasi chiedere scusa di essere vivo. Crudele come una rasoiata, il “Soldato
Woyzeck” diretto e interpretato da Monica Maiorino secondo il libero
adattamento di di Aniello Nigro dell’opera di Buchner, è stato applaudito al
Complesso di Santa Sofia a Salerno nel corso della IV edizione de “Il gioco
serio del teatro”, la rassegna curata da Antonello De Rosa. L’umiliato e offeso
protagonista (un Aldo De Martino che è perfetta immagine della fatica di
vivere) non è semplicemente la nota stonata della società, ma riflesso della
sua tendenza a reggere al guinzaglio le vite altrui, che sia il militare
compiaciuto della sua arrogante virilità (Geremia Longobardo), il medico perso
nelle sue opprimenti e fatue analisi (Eduardo Ricciardelli) o la moglie di Woyzeck,
oggetto di desiderio (imprigionata in un lungo scialle che ne blocca i
movimenti), ma mai vera padrona della sua esistenza. Nell’assecondare il
carattere frammentario dell’opera e la fragilità espressa dalla figura principale,
l’allestimento si basa su uno scambio di piani temporali in cui i comprimari si
mostrano spesso come ombre dietro uno schermo (divenendo così a loro volta
stati d’animo mai pacificati dell’uomo) e su di un simbolismo di grande
immediatezza (il baule in cui si trova il figlio del soldato, sua unica
ricchezza; il cappio attorno al suo collo; i commilitoni presentati come
fantocci). La natura bruta ha diritto di essere se stessa, la vittima del
sistema no. E l’alba della vera liberazione resta il sogno di un morente.
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