mercoledì 6 maggio 2015

“Penelope tango”, alla ricerca della propria anima



Non vi è molta differenza tra Itaca e un appartamento moderno. Sono secoli che le donne attendono uomini che si ricordino di tornare da loro. E l’autocoscienza spesso passa attraverso il momento sospeso e incerto dell’abbandono. Giocato abilmente su toni ironici e dolenti, “Penelope tango” è lo spettacolo applaudito presso il Piccolo Teatro del Giullare di Salerno in cui la regista Licia Amarante punta la messinscena su una simmetria emotiva che accosta ciò che è solo all’apparenza distante. Padrona del palco in ogni momento, Antonella Valitutti è la sposa di Ulisse, forte della sua dignità e del suo tormento, che non sfugge né alla fragilità né alla consapevolezza dell’ipocrisia che l’attornia (attendere è un’arte sottile e crudele, chi l’osserva da lontano non può coglierne i meccanismi, la determinazione, la consacrazione). L’attrice veste però anche i panni, con comici effetti, della donna che nutre rancore per il compagno che l’ha lasciata, prigioniera della sua ossessione come la regina greca lo è della sua solitudine. Nel fare i conti con la presenza e l’assenza, ugualmente gravose, dell’amato, Marika Mancini costruisce un personaggio tenero e paziente in continua evoluzione. Compie infatti un lungo cammino da semplice sfondo dell’egoismo maschile, scelta che la rende simile alla pianta innaffiata sul palco, a persona in grado di accettarsi per ciò che è e non per quel che la lega a chi del legame può fare tranquillamente a meno. La scenografia, ridotta all’essenziale per evidenziare ciò che vivono le protagoniste, ha il suo fulcro in un telaio (la mescolanza dei fili riflette l’intrico dei pensieri), che è anche una persiana semiaperta, sigillo di un’esistenza a cui è negato uno sbocco. Sarà appunto il telaio a essere tagliato dalle due donne, che si scoprono l’una il riflesso dell’altra, nella conclusione. Se un fantasma ha tenuto in ostaggio il loro tempo, la loro identità è infinitamente più concreta dei miraggi e delle promesse di chi ha scelto di non esserci anche quando è presente. L’attesa è finita. Si può iniziare a vivere.

Nessun commento:

Posta un commento