lunedì 6 giugno 2016

“MM &M”, quando il teatro si innamora del cinema



Non bisognerebbe mai raccontare niente, dice Renata Bosetti seduta alla scrivania da cui legherà per un’ora il pubblico a ogni sua parola. Rinunciare a raccontare significherebbe in realtà rinunciare a vivere e non lo si può fare quando si ha “un teatro nella testa”. Applaudito calorosamente alla Sala Pasolini di Salerno a conclusione di Mutaverso, la stagione diretta da Vincenzo Albano, “MM &M. Movies, Monstrosities and Masks”, diretto da Renato Cuocolo e interpretato da un’attrice di rara intensità, è un intreccio inestricabile di vissuto e di sogno che esalta non solo il fascino, ma la capacità di modellare anime e corpi che il cinema ha sempre posseduto. La sala cinematografica è sempre stata una dimensione in cui disfarsi della linearità: poter entrare quando scorrevano le ultime immagini della pellicola e vederla dall’inizio non solo rendeva speciale la consapevolezza di chi osservava, ma permetteva di capire come l’inizio e la fine non fossero che parole. E poiché ogni sguardo puntato sullo schermo vive il momento della messinscena come un altro non farebbe, ogni spettatore è dotato di una radiolina con auricolari, percependo la sensazione che la protagonista stia rivelando a lui solo memorie, ossessioni, aspirazioni, mentre la voce della Bosetti diviene la colonna sonora di quello che è a tutti gli effetti un film sempre nuovo e sempre diverso, in cui il passato di una ragazza che sognava tutti i ruoli possibili (da “La scala a chiocciola” a “Blade runner”) si trasforma in visione libera e onnivora della vita. La telecamera che proietta alle sue spalle, ingigantiti, gli oggetti della scrivania (riviste di cinema, medicine, mele, forbici, libri) e i volti ritagliati delle dive della settima arte e di sequenze celebri restituisce alle cose la loro voce segreta. Tutto ciò che intercetta l’esistenza, che sia un fotogramma o una mappa stradale, si fa carico delle emozioni di chi vive e si muta in occasione di nuovi viaggi della mente. L’identità nasce da suggestioni che solo a un occhio superficiale appaiono irrazionali o fanciullesche. L’orribile senso di colpa e di perdita che attende sempre al varco può essere in parte sconfitto dall’amore per il teatro e il cinema, gli unici mondi in cui è del tutto naturale non poter essere una cosa sola, un’unica persona.