giovedì 22 agosto 2013

"Noir", omaggio al genere per antonomasia



È il re dei generi, perché li ingloba tutti. Ha regole ferree e infinite diramazioni. Ama trasgredire la sua riconoscibilità narrativa. Il noir sa creare nel pubblico le giuste attese per poi farlo ritrovare in un vicolo cieco e a questa forma artistica Teatrazione Teatro ha dedicato l’omonimo concerto-spettacolo ad apertura della rassegna “La fornace del Teatro” presso l’arena Ghirelli di Salerno. La messinscena, che coinvolge Adriano Galdi (live electronics) e Goelga (vjing), si basa su scelte che a prima vista sorprendono. Le proiezioni sempre cangianti e al tempo stesso percorse da motivi ricorrenti che aprono e chiudono la performance (fome circolari, prismatiche, effetti ottici presentati da diverse angolazioni e ossessivamente riproposti, quasi una geometria dell’impossibile alla ricerca di una propria logica) alludono alla peculiarità del noir: la fluidità del suo statuto espressivo, il suo carattere labirintico che rende estraneo ciò che era apparso un attimo prima familiare. La vicenda si dipana attraverso cinque capitoli con tanto di prologo su Caino e Abele (Il killer, La gran figa francese, il tassista indiano, L’uomo degli incarichi, Victor Sanchez) e Igor Canto, con la perfetta impassibilità degli assassini di Melville, deve eliminare su commissione di un losco individuo un personaggio che si scoprirà legato alla donna che lo ha tradito. Gli ingredienti del filone ci sono tutti (l’inganno dell’amore, la suspense, il senso delle cose perdute, la sostanziale estraneità dell’omicida a qualunque contesto) e diventano oggetto di un gioco parodistico in cui la corporeità ha un ruolo centrale. La mimica surreale è il punto di forza della rappresentazione: a Cristina Recupito basta una buffa camminata e un cappello per creare il personaggio di turno, che sia l’insopportabile tassista o il mandante dall’immancabile accento siculo. Con l’affetto dello spettatore devoto i due interpreti evidenziano precisi riferimenti a un certo immaginario: il prologo stesso è leggibile come rimando all’inesorabilità del male che si trova in tante pellicole degli anni quaranta come al Samuel Jackson di Pulp Fiction, amante delle citazioni bibliche al momento di compiere i suoi “lavoretti”. Gli stessi tempi morti della narrazione rientrano in questo amore per un modo non convenzionale di raccontare. Il noir è anche misura del disagio e dell’incongruenza, specchio di quel lato grottesco del vivere che si preferisce relegare nei libri e nelle pellicole. (foto di Meri Cannaviello)

lunedì 19 agosto 2013

Salerno, al Ghirelli "La Fornace del Teatro"



Le suggestioni del cinema degli anni Quaranta, il fascino di Shakespeare, le inquietudini dell’uomo contemporaneo. Risulta versatile il programma de “La Fornace del Teatro”, la rassegna curata da Franco Alfano sotto l’egida della Fondazione Salerno Contemporanea e del Comune di Salerno, che si terrà dal 20 agosto al 2 settembre presso il Teatro Ghirelli. Si inzia con “Noir”, dove Igor Canto e Cristina Recupito (col supporto di Adriano Galdi e Goelga) creeranno un concerto-spettacolo per rivivere con ironia le atmosfere di un racconto poliziesco, attenti come di consueto a un preciso gioco di rimandi e allusioni. Il 21 agosto la Compagna dell’Eclissi punterà su di un suo cavallo di battaglia, “Il piacere dell’onestà”, dove la nudità della messinscena e le coordinate spaziali volutamente indefinite restituiscono al testo pirandelliano tutta la sua forza. Alessandro Tedesco dirigerà Marta Chiara Amabile, Daniela De Bartolomeis e Michela Ventre in “Il tè delle tre” (22 agosto): l’incontro sulla tomba del proprio psichiatra spinge tre donne instabili a rivelare aspetti a dir poco sconcertanti della propria natura, fino a giungere a un finale del tutto inaspettato. “La ciorta di Zeza” di e con Carlo Roselli, in programma il 24 agosto, prenderà le mosse dal Pentamerone di Giovan Battista Basile per dar vita a uno spettacolo dove il racconto si fa azione scenica e incontro senza filtri del pubblico con personaggi come Vardiello, lo sciocco che attiva una serie di situazioni comiche, o l’avveduta Grannona. Il 27 agosto Antonetta Capriglione e Antonino Masilotti, per la regia di Marco Dell’Acqua, impersoneranno tutte le figure principali dell’“Amleto” come altrettante declinazioni del dissidio senpre aperto tra verità e finzione. La regista Simona Forte proporrà il 28 agosto un capolavoro di Harold Pinter, “L’amante”, con Stefania Autori, Marco Di Gregorio e Danilo Napoli. Una coppia alle prese con il nemico di ogni rapporto, l’abitudine, opta per un’infedeltà sui generis, visto che gli amanti con cui rifioriscono sono i coniugi stessi. Il 29 agosto sarà il Teatro Grimaldello a dominare il palcoscenico con una performance che si rifà a Pina Bausch e Martha Graham, “Esercito d’amore”, in cui trenta attori vestiti da sposi cercheranno di colmare la distanza che li separa dal proprio oggetto del desiderio in una guerra che alberga negli animi prima ancora che nei luoghi. La chiusura della manifestazione è affidata alla compagnia Le Ombre, che con “Poteva andare peggio” offre un ritratto dell’Italia di oggi e delle sue incongruenze attraverso le vicende di un protagonista alle prese con la paternità e con i molti problemi del quotidiano.

mercoledì 7 agosto 2013

Successo al Castello Fienga per "Il baciamano"



“A magnà giacubine nun se fa peccat, c’emm nfurmat”. In quel mondo di corpi straziati e sognati che è “Il baciamano” di Manlio Santanelli, l’assurdo diventa la norma e a essere cannibalizzata è anche l’anima. Nello spettacolo diretto con successo da Antonio Grimaldi al Castello Fienga di Nocera Inferiore, nell’ambito della manifestazione Centrale dell’Arte, Janara, una popolana che può solo sognare una vita diversa tra miserie e violenze (Annarita Vitolo, che regala al pubblico un personaggio più vero del vero), si accinge a uccidere e cucinare un giacobino (l’intenso Vincenzo Albano). La recitazione, giocata quasi interamente su tinte forti, diventa a ogni passo più coinvolgente, senza cadere nella trappola di un parossismo artificioso. L’essenzialità della scenografia riflette il deserto che il fallimento della rivoluzione del 1799 lascia a Napoli: una cornice impressa su di un tendaggio (la donna non ha sbocchi o prospettive) un tavolo, un baule dove riporre quasi con amore i resti di altre vittime (un crudo realismo assolutamente necessario dato il carattere del testo, che rende di fatto la morte una pratica usuale), una bacinella e un coltello. Janara riduce la sua esistenza a rabbia e istinto. La maschera di maiale che indossa a un certo punto della messinscena, così come la cupa fiaba di Ficuciell, sono chiari riferimenti a quel bisogno di sopraffazione che diventa naturale come respirare. Il prigioniero, che non rinuncia al suo linguaggio forbito, cerca di suscitare in lei umanità ed ecco che si scoprono più vicini di quanto non appaia. Sono entrambi vittime di un mondo che non si volta a guardare chi calpesta e quando Janara confessa di aver sempre desiderato un gesto delicatamente aristocratico, il baciamano, i due inscenano questo rito, quasi a voler cancellare per un momento ogni barbarie. E come la popolana si percepisce finalmente persona e non più semplice corpo, così il giacobino sta per cedere alla stessa violenza che l’ha condotto alla fine. Sarà il pensiero dell’amato compagno morto e il fortissimo senso di lealtà a impedirgli di diventare a sua volta un omicida, per quanto il motivo più vero consista nel leggere in Janara la sua stessa fragilità, la stessa sconfitta del proprio bisogno di felicità. I protagonisti non sfuggiranno a ciò che li aspetta. Quella della lazzara è una discesa nel buio, ma almeno questo buio non è privo della forza malata del desiderio.

lunedì 5 agosto 2013

Salerno, il programma del Teatro Verdi



Aprirà i battenti il 17 ottobre con una delle opere più pessimiste del 900 la stagione 2013/2014 del Teatro Verdi di Salerno. Regista e interprete de “Le voci di dentro”, Toni Servillo renderà omaggio a Eduardo nell’amara analisi dell’egoismo, smascherato da pulsioni inconsce che aprono crepe nel muro della normalità.  Il 2 e 3 novembre Pippo Delbono esplorerà la linea sottile che divide la finzione dalla realtà in “Orchidee”.In “Servo per due” (7-10 novembre) Pierfrancesco Favino e i 23 attori del gruppo Danny Rose offriranno una spumeggiante versione anni 30 dell’”Arlecchino servitore di due padroni”. Pierpaolo Sepe dirigerà Maria Paiato nella “Medea” di Seneca (14-17 novembre). L’Orchestra di Piazza Vittorio (9-12 gennaio 2014) renderà “Il flauto magico” di Mozart oggetto di contaminazione tra le più diverse espressioni musicali, mentre Angela Finocchiaro e Maria Amelia Monti, ne “La scena” di Cristina Comencini (23-26 gennaio2014), saranno costrette da un copione e dall’intrusione di un giovane a fare i conti con le loro ansie e aspirazioni. Luca Barbareschi (qui anche regista) e Filippo Dini interpreteranno “Il discorso del re” (30 gennaio-2 febbraio 2014). Nello spettacolo creato con Francesco Nicolini, “Itis Galileo”, (13-16 febbraio 2014) Marco Paolini coinvolgerà gli spettatori nel legame sempre problematico tra razionalità e irrazionalità e Giampiero Ingrassia si misurerà con un capolavoro incontrastato della cinematografia, “Frankestein junior” di Mel Brooks (27 febbraio-2 marzo 2014) dove Saverio Marconi e Marco Iacomelli si rifaranno alla regia e alle coreografie originali di Susan Stroman. In “Paolo Borsellino Essendo Stato” di Ruggero Cappuccio (8 marzo), le cinque Antigoni accanto all’eroe in procinto di morire (non potrebbero essere che Antigoni, è in gioco la giustizia) esprimono la calda energia della terra siciliana in un controcanto appassionato alle riflessioni del personaggio. In “Penso che un sogno così…” (13-16 marzo) Giampiero Solari dirigerà Beppe Fiorello nell’interpretazione delle più belle canzoni di Modugno. Tra il 21 e il 23 marzo sarà proposta la versione delle “Operette Morali” allestita da Mario Martone, che vedrà in campo, tra gli altri, Renato Carpentieri e Paolo Graziosi. “Erano tutti miei figli” di Arthur Miller andrà in scena dal 27 al 30 marzo per la regia di Giuseppe Dipasquale: Mariano Rigillo e Anna Teresa Rossini daranno vita a una storia di dolore e di illusioni.

Salerno, la ricca stagione del Teatro Ghirelli



La stagione 2013/ 2014 del Teatro Ghirelli d Salerno, in sinergia con la Sala Assoli a Napoli, si presenta estremamente eterogenea.Si inizia il 10 ottobre con il beckettiano “Giorni felici”, dove Nicoletta Braschi e Roberto De Francesco, diretti da Andrea Renzi, daranno anima e corpo a una donna sepolta (letteralmente, perché immersa nella sabbia) nella propria vita. Dal 15 al 20 ottobre Renato Carpentieri dirigerà se stesso in “Fuori”, tratto da “À la porte” di Vincent Delacroix, dove la passeggiata di un filosofo rimasto incautamente fuori casa diventa occasione per riflettere sull’esistenza. Fausto Russo Alesi (24 - 27 ottobre 2013) interpreterà tutti i personaggi di “Natale in casa Cupiello”. Il Teatro Verdi accoglierà il 2 e 3 novembre “Dopo la battaglia” di Pippo Delbono, ricerca appassionata della bellezza e della libertà, mentre il “Titanic” ideato e diretto da Antonio Neiwiller in una visione di Salvatore Cantalupo andrà in scena dal 21 al 24 novembre. La feroce tendenza alla competizione sarà al centro de “La fila” di Israel Horowitz a cura di Walter Le Moli (19 - 22 dicembre), mentre Pierpaolo Sepe dirigerà Benedetto Casillo in “Sik Sik l’artefice magico” (15 - 19 gennaio) in cui emerge appieno il disagio dell’uomo del 900. Roberto Herlitzka e Marina Sorrenti interpreteranno “Il soccombente ovvero il mistero di Glenn Gould” nella riduzione di Ruggero Cappuccio per la regia di Nadia Baldi (30 gennaio - 2 febbraio). Enzo Moscato sarà regista e protagonista di “Napoli 43” (6 - 9 febbraio) e a Laura Angiulli spetterà la regia de “Il baciamano” di Manlio Santanelli con Alessandra D’Elia e Stefano Jotti. Le “Operette morali” dirette da Mario Martone saranno proposte presso il Massimo cittadino dal 21 al 23 marzo e il regista Carlo Cerciello presenterà “La madre” di Bertolt Brecht, una storia che sembra solo all’apparenza lontana. Il programma della Sala Assoli a Napoli, che comprende numerosi spettacoli destinati al Ghirelli, prevede (29 novembre - 1 dicembre) la “Medea” di Seneca con Maria Paiato e la regia di Pierpaolo Sepe, “La notte di Scrooge” di Marco Mario De Notaris (26 - 29 dicembre) e “Rose is a rose is a rose is a rose” di Ivana Sajko, con Sabrina Jorio e la regia di Tommaso Tuzzoli, dove gli inganni e i miraggi della memoria conducono a un insopprimibile bisogno d’amore. Debutterà il 27 febbraio “Il senso nascosto” di Fortunato Calvino; il 13 e il 25 marzo sarà la volta del “Pinocchio” prodotto da Babilonia Teatri e di “Patria puttana” di e con Enzo Moscato.

giovedì 1 agosto 2013

Nocera Inferiore, si alza il sipario su “Il baciamano”





Vittima e carnefice non sono ruoli statici. Nonostante tutto l’uno può aprire all’altra, per un lungo attimo, prospettive inimmaginate che li avvicinano. Annarita Vitolo e Vincenzo Albano offrono un’interpretazione intensissima ne “Il baciamano” di Manlio Santanelli, che Antonio Grimaldi dirigerà il 3 agosto alle 21 al Castello Fienga di Nocera Inferiore nell’ambito della manifestazione Centrale dell’Arte. Janara è prigioniera di uno scenario di miseria e violenza, tra il pianto dei bambini e le percosse del marito, mentre fuori si consuma il fallimento della rivoluzione del 1799. Legato accanto a lei c’è un giacobino destinato a essere ucciso e divorato. Beffarda e aggressiva, la donna non ha alcun motivo per riservargli un briciolo di umanità, eppure i suoi discorsi, che si ostinano a contrapporre la logica all’istinto, si fanno strada dentro di lei, la costringono a percepirsi come persona, affascinata da un gesto semplice e aristocratico: il baciamano, appunto. Il linguagggio di Janara non può non essere quello della sopraffazione: anche la fiaba che narra riflette questo stato di cose e l’uso delle maschere con volti di animale personifica la pulsione a cibarsi del corpo e dell’anima altrui. Eppure, in una narrazione che ha i suoi momenti di umorismo nero (il giacobino vuole essere tassativamente cucinato in salsa francese), i protagonisti danno vita alla messinscena del cortese omagggio come a un gioco che cancelli, almeno per un istante, ogni inquietudine. L’ansia infantile della felicità, la scaltrezza della vittima che cerca una via di fuga, l’illusione del potere salvifico della rappresentazione si mescolano in attesa del cupo finale. Quello a cui si assiste è in fondo un omicidio-suicidio: è la speranza stessa di una vita migliore a essere ammazzata e non resta che rimanere soli a sognare l’impossibile. Di rado il desiderio ha mostrato un volto così crudele.