martedì 16 giugno 2015

Le suggestioni di Erri De Luca



È allergico alla retorica, ma fa avvertire sulla pelle il dolce peso di un ricordo. Odia le maschere che la violenza costruisce per legittimarsi (“La divinità non può perdonare chi giura il falso in suo nome, come chi giura di uccidere per ordine di Dio”), ma non ama salire in cattedra. Pensa alla scrittura come a un “tempo festivo”, un modo per farsi compagnia e ricorda con devoto affetto Izet Sarajilic, “maestro di fedeltà amorosa” a una donna e a una città, la Sarajevo che ascoltava i poeti negli scantinati per dimenticare almeno per un momento il dolore della guerra. Il pubblico che ha affollato il Piccolo Teatro del Giullare di Salerno è stato sedotto da Erri De Luca nella serata condotta dal giornalista Paolo Romano in cui Brunella Caputo e Cinzia Ugatti hanno proposto un’appassionata lettura di stralci tratti dalle opere più note dello scrittore napoletano. Uno scrittore più che mai attratto dalla capacità del linguaggio di generare la vita: il motivo che lo ha spinto ad accostarsi alla Bibbia.“Mi piaceva molto il fatto che non fosse letteratura, che non si preoccupasse di avere un lettore, dato che esistevano ascoltatori, tramandatori della parola –ha detto-Che quella divinità si manifestasse fisicamente con la parola mi ha riguardato come uno che ha messo tutte le sue uova nel cesto del vocabolario da cui trarre parole per i miei scritti. Quel dire precede, procura e determina il creato. La parola al suo vertice si porta dietro la responsabilità di chi la pronuncia”. De Luca sa che le parole possono uccidere e che il razzismo ne fa un’arma impropria a cui bisogna opporre una sensibilità non allineata. “Mi sento cittadino del Mediterraneo, un intruglio dei nostri sangui. Sarebbe interessante analizzare quanto nel nostro sangue ci sia di fenicio, ebreo, normanno. Assistiamo al peggor commercio marittimo della storia dove la merce umana ha una sorte peggiore della tratta degli schiavi, dove contava che il prodotto, pagato alla consegna, arrivasse illeso, cosa che non conta affatto oggi. Facile immaginare cosa diranno di noi quelli che verrano dopo”. E se la parola rivoluzione ha ormai esaurito la sua funzione storica, non resta che resistere dal basso a ogni minaccia alla salute pubblica. Il diritto all’integrità fisica è una priorità assoluta. Senza dimenticare l’importanza dell’anarchia, “una delle formule della disobbedienza di cui Charlie Hebdo è stato l’ultimo sfiato sulfureo”.

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