Claudia Gerini e il peso della leggerezza
Il palcoscenico è implacabile. Anche dare
tutto a volte non basta. È il caso di “Storie di Claudia”, lo spettacolo
diretto da Giampiero Solari al Teatro Verdi di Salerno in cui Claudia Gerini,
che ne è coautrice, rivive il suo approccio al mondo dell’arte dagli anni
dell’adolescenza ai recenti successi. La curiosità verso la recitazione e il
cinema accesa da una sorta di spirito guida, la signorina Maria, conduce la
protagonista dal provino di Non è la
Rai alla notorietà sul grande schermo. E lei non si
risparmia. Diviene Carmen Miranda, Marlene Dietrich, la Monica Vitti di Polvere di
stelle, la fanciulla del programma di Boncompagni, compie acrobazie appesa a un
drappo rosso mentre risuona la “Traviata” (del resto chi si dedica all’arte è
un equilibrista che ondeggia tra linguaggi diversi), ironizza sulla propria
condizione di star, mentre fondali rimandano animazioni computerizzate che
vorrebbero dare concretezza a un
contesto e risultano un inutile orpello. Ecco però che, a dispetto della
generosa performance della Gerini, la leggerezza di chi può vivere tutte le
vite che vuole diventa cemento. La messinscena lascia la sensazione di una
corsa a perdifiato restando sul posto. Colpa di testi che sono un inno alla
banalità (davvero raro trovare un linguaggio così privo di ogni colore) e di
personaggi che risultano più labili della “gloria” del red carpet. Le donne che
l’attrice interpreta con la precisione del compitino ben svolto non hanno
anima, mancano di capacità di coinvolgimento, non sanno orchestrare quel gioco
sottile, proprio del proscenio, che rende la menzogna più vera del vero. Se non
si ha la capacità di fare una scommessa anche spietata con se stessi, trasformando la scena in un archivio di
anime, non c’è impegno o presunzione che tenga.
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