sabato 16 giugno 2018

“Be normal!”, la paurosa normalità



Vocazione, talento, predisposizione. Non importa che nome abbia il vostro daimon, cioè l’essenza che (poveri illusi) vi rende unici. Dovrete sopprimerlo, dato che la società vi chiederà ben altro. Quadro implacabile di una generazione alla ricerca di se stessa, in preda a nevrosi che non appartengono solo ai giovani, “Be normal!”, che vede all’opera il Teatro Sotterraneo con Sara Bonaventura e Claudio Cirri per la regia di Daniele Villa, ha riscosso grande successo presso il Centro Sociale di Salerno nell’ambito della terza stagione di Mutaverso, diretta da Vincenzo Albano. Tra richieste di eliminazione fisica a un colloquio di lavoro e un amore vissuto da due altoparlanti, ma non da due persone, mentre si inseguono sogni impossibili (l’esplorazione del cosmo), il paradosso più amaro domina un contesto antiumano, in cui schiavizzare e abbattere prospettive è divenuto normale. Bisogna essere concreti: se ci sono troppi attori in proporzione al guadagno, non resta che la roulette russa (con la complicità di Simona Fredella). Bisogna combattere il complesso di Laio, la presenza ingombrante di vecchi che non si decidono a togliersi di mezzo (lo sterile gioco con le palle di gomma contro sagome di autorevoli anziani, da Paperone alla regina Elisabetta). L’indimenticabile scena in cui la protagonista ingozza in modo compulsivo lo scheletro della madre in un ospizio non esprime solo una prigionia, ma anche un’identificazione: il contesto sociale riduce infatti a una sterile carcassa chiunque voglia seguire la propria ispirazione, soprattutto se si desidera salire su un palcoscenico. Il comandamento è essere ciò che gli altri si aspettano, anche a costo di insaponare una corda. Come criceti in una ruota, si cerca un qualsiasi motivo per vivere, tra il furto della “merda d’artista”e lo stress per un figlio inesistente. E le note finali di “A perfect day”, tra citazioni che prefigurano il naufragio, ribadisce sarcasticamente come tutto sia ammesso, quando si tradisce ciò che si ostina a restarci dentro.

Nessun commento:

Posta un commento