sabato 28 dicembre 2013

“Una stanza al buio”, la trappola delle parole



Non bisognerebbe mai abbassare la guardia. Il pericolo si annida nella più ordinaria delle situazioni, come permettere l’ingresso a una signora energica e ciarliera. In programma al Piccolo Teatro del Giullare di Salerno il 28 dicembre alle 21 e il 29 alle 18.30, “Una stanza al buio” di Giuseppe Manfridi, per la regia di Angelo Ruocco, vede l’amministratore di un condominio cedere alle pressioni di una sconosciuta in visita all’appartamento in cui si è consumato un omicidio, come mostra la sagoma in gesso sul proscenio. Nella finta noncuranza con cui perlustra ogni angolo, la visitatrice (Cinzia Ugatti in una delle sue interpretazioni migliori, capace di dominare la scena a ogni passo) mette a nudo ciò che si preferirebbe tacere, come le intemperanze sessuali della vittima (rivelate dalle voci di Mimma Virtuoso, Brunella Caputo, Alfredo Micoloni, autore anche delle musiche, in una videocassetta) e quel che l’uomo (un Matteo Amaturo che tratteggia con saggezza la propria fragilità) vorrebbe tenere per sè: le proprie velleità artistiche ridicolmente smentite dall’essere un marmista del cimitero, il bisogno di ordine che nasconde l’esigenza di fuggire da una vita di “soli pensieri”, il sentimento mai spento che lo legava alla donna dell’ucciso. Il gioco di luci di Virna Prescenzio  basta alla regia per evidenziare ciò che la stanza diventa inesorabilmente: una prigione in cui l’assedio verbale della donna costringe all’angolo l’interlocutore, fino a renderlo strumento di un piano diabolico. La sagoma di gesso è a suo modo una prefigurazione: in quella stanza si consuma un secondo omicidio, dato che il protagonista sarà costretto all’estremo sacrificio di sé. La pièce celebra il potere venefico delle parole, che si insinuano nella mente fino a soggiogarla e a farla piombare nella rovina proprio lì, dove tutto sembrava prevedibile e consueto.

Nessun commento:

Posta un commento