martedì 24 novembre 2015

“Ceneri alle ceneri”, l’inconfessabile nell’ordinario



Non è assolutamente detto che una penna sia innocente (non si conoscono i suoi genitori, ovvero la sua storia). E non è detto che un singolare dialogo tra marito e moglie sia solo un diversivo erotico. È nell’ordinario che si annida l’inconfessabile, indizi distorti mandano in pezzi l’idea che esista qualcosa di assodato e di riconoscibile. Nella sua capacità di occultare la crudeltà nel paradosso, “Ceneri alle ceneri” di Harold Pinter non perde il suo smalto a distanza di anni e lo spettacolo diretto presso il Piccolo Teatro del Giullare di Salerno da Carla Avarista, con l’aiuto regia di Concita De Luca, è un intenso percorso tra memorie, allusioni, sogni soffocati in cui la ricerca della verità è un’implacabile opera di scarnificazione. I due coniugi, lui desideroso di conoscere i dettagli su di un amante, lei abile nello stuzzicare e spegnere la sua curiosità, vengono messi a nudo man mano che tentano di definire il mosaico di sensazioni e ricordi (sempre incompleti, sempre fuorvianti) tra chiacchiere all’apparenza fuori luogo e un dolore che s’insinua fino ad esplodere. Non è un caso che l’allestimento sia dominato dal bianco: il colore della mancanza, della quiete che attende di essere squarciata. Anna Rita Vitolo domina il palcoscenico con una intensità che catalizza a ogni passo l’attenzione e Marco Villani non le è da meno nel tratteggiare con attenta dedizione un virilità che oscilla tra complicità e sopraffazione. I movimenti, una danza ambigua e a tratti gioiosa, esprimono duplicità. Il foulard scherzosamente conteso, per esempio, sarà poi associato a qualcosa di terribile. Seduzione, contrasto, unione, si susseguono come se entrambi tentassero di esorcizzare ciò che li sovrasta e abita in loro: l’impulso a dividere il mondo in vittime e carnefici. Poco importa se stiano rivivendo un passato effettivamente vissuto o se in  loro prevalga una sorta di inconscio collettivo. Ciò che violenta un’anima tocca tutte le anime. E per quanto l’Occidente voglia essere immemore, le ferite che infligge a se stesso tornano a sanguinare, mentre l’innocenza stessa si ritrova ridotta in cenere.

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