venerdì 13 maggio 2016

"Il cortile", l'amara bellezza della scena



Li si direbbe miserabili senza speranza, ma è il tempo in cui vivono (viviamo) a essere senza via d’uscita. In scena alla Sala Pasolini di Salerno il 13 maggio alle 21 e il giorno seguente alla Sala Assoli di Napoli,  “Il cortile” di Spiro Scimone è uno dei copioni più sorprendenti degli ultimi anni. In una periferia degradata tra vecchie motociclette e spazzatura, l’autore, Francesco Sframeli e Gianluca Cesale agiscono sotto traccia, si nutrono di storie minime dimenticate ai margini di ogni consesso sociale, inanellano frasi disconnesse dalla realtà a cui basta un approccio basico alle cose, si perdono in un sogno o in una curiosità che sembra azzerare tutto, si muovono senza sbagliare un colpo sul sottile confine tra ironia e disperazione. Distanti dal ricatto psicologico  come dal virtuosismo sterile di tanta drammaturgia contemporanea, gli artsti siciliani pongono al centro del proprio percorso un’umanità colta nella sua essenza più profonda che, inquanto tale, riduce in briciole sovrastrutture e deformazioni. Nel fermo-immagine del cortile, Peppe, Tano e Uno, che  non hanno che se stessi e sono presi dai propri giochi (il gioco è il linguaggio della scoperta e della fantasia, presenti  proprio dove non le si concepirebbe mai) si pongono al di sopra di logiche stantie in una condizione anomala agli occhi degli allineati. Non ci sono appartenenze da rivendicare o geografie dell’immaginario che permettano  di orientarsi nel labirinto della normalità. E se la comicità e lo spaesamento diventano inseparabili, i personaggi non conoscono consolazioni, ma neppure catene. La felicità è in un passato forse solo sognato. Eppure c’è più vita in quell’angolo ingombro di rottami di quanto la si cerchi altrove.

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