lunedì 6 marzo 2017

“E’ la pioggia che va”, la nostalgia della condivisione



L’uomo e la donna indossano elmetti e ginocchiere, ma ci sono colpi a cui è difficile resistere: la perdita di ogni appartenenza, per esempio. Frutto della generosità di Laura Belli e di Lorenzo Torracchi, autori insieme a Marco Cupellari che li ha diretti presso l’Auditorium del Centro Sociale di Salerno, “E’ la pioggia che va” ha segnato il terzo appuntamento di Mutaverso, la stagione teatrale che ha in Vincenzo Albano il suo direttore artistico. Una concezione della vita come trincea in cui combattere da soli prende corpo in azioni decontestualizzate, ma capaci di toccare molti nervi scoperti. La donna che si affanna a piazzare secchi mentre un’invisibile pioggia si infiltra o che rimprovera chi, a costo della vita, non si è arreso alla mafia, il medico che annuncia una morte imminente con una parrucca multicolore (ogni autorità è esposta al ridicolo), la corsa attorno a un mucchio di vestiti indossandone di volta in volta qualcuno per inseguire una riconoscibilità che sfugge, leggere lettere da fronti diversi sono momenti in cui si riflette lo smarrimento di un comune orizzonte etico e ideologico, declinazioni di una fragilità inchiodata alla solitudine. E poiché il teatro deve attivare le coscienze senza rinunciare al suo status di menzogna sincera, la maschera è una spinta a una totale messa in gioco. La indossa il padrone di quel circo che è la scena, sollecitando continuamente gli spettatori a intervenire. La indossa la coppia che danza interrogandosi su forze opposte (paura/coraggio, autonomia/cura dell’altro), perché la ricerca di senso deve attraversare corpi e dissonanze. Presa d’atto di un deserto di vuote parole e tentativo di condivisione si intrecciano. Amore, patria, libertà sono palloncini da colpire con le freccette, mentre la donna ha gli occhi coperti in cima a una scala. Inutile fare da vedetta quando non resta nulla da custodire con lo sguardo. Pur di recuperare qualcosa che somigli alla solidarietà, gli attori scendono in platea per invitarla invano a una gita al mare o a un’orgia gioiosa. Ma il bisogno di calore è caparbio. L’ultima danza, che è accoglienza e protezione, protrae ben oltre le quinte il suo afflato. E quando il capocomico esorta il pubblico ad “alzare le chiappe e levarsi dai coglioni”, l’allestimento è al riparo da ogni retorica. Nessuna pioggia dura in eterno. Ma quanta fatica per far tornare il sereno.

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