domenica 24 febbraio 2013

Il Pascoli brioso di Paolo Poli

Gli uccelli piombano sul palco in una sgargiante coreografia, ma la sua sagoma si intuisce subito tra quel piumaggio eccentrico. Paolo Poli sceglie un inizio travolgente per il suo “Aquiloni”, applaudito al Teatro Verdi di Salerno, in cui l’epoca sospesa tra Ottocento e Novecento riprende vita tra i versi di “Myricae” e “Poemetti”. Il percorso si snoda tra sfarzosi costumi e scenografie ispirate ad artisti come Fattori e Morandi, passando con briosa disinvoltura da “Addio Lugano bella” a “Tripoli bel suol d’amor”, senza dimenticare composizioni di Tosti, canzoni da caserma, “La cucaracha”, ninne nanne e la “Vedova allegra”. Insieme all’attore e regista, Fabrizio Casagrande, Daniele Corsetti, Alberto Gamberini e Giovanni Siniscalco declamano i componimenti pascoliani, depurandoli di ogni angoscia e sottolineandone con ironia i meccanismi linguistici. Pochi sanno quanto possa essere intrigante e sensuale un’allitterazione, una rima, un’assonanza: la poesia diviene gioco raffinatissimo che schiude sensazioni e rende vividi i ricordi. Poli elogia le possibilità liberatorie e sarcastiche del linguaggio. Non è un caso che l’ultimo fondale del rimpianto Emanuele Luzzati si ispiri all’opera rinascimentale del Duca di Berry: il verso e il corpo sono ancora, più che mai, centro del tutto.

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