sabato 16 febbraio 2013

Teatro di guerra

Un corpo che diviene arma, tortura, testimonianza, atto d’accusa, fragilità, rabbia da urlare con quanto fiato si ha in gola. Non è adatta a un pubblico passivo la performance di Giampiero Judica in “Nema problema” di Laura Forti, che debutta per la regia di Pietro Bontempo al Teatro Ghirelli di Salerno il 18 febbraio alle 21, dove resterà in cartellone fino al 24. Nel raccontare il marcio conflitto serbo-croato del 1992, lo spettacolo è un viaggio senza respiro nel crudele egoismo di chi ha deciso di seppellire ogni etica.

2 commenti:

  1. Mettere in scena la guerra è una bella sfida. Perfino Shakespeare, nel prologo dell'Enrico V, si scusa col pubblico attraverso il coro per l'inefficacia dei mezzi, invitandolo a supplire a tali carenze facendo ricorso all'immaginazione. Ma è proprio questa capacità di stimolare e coinvolgere lo spettatore nonostante la scarsità di mezzi che fa grande il teatro. Recentemente ho avuto modo di vedere Un incendio nel cuore. Sarajevo/Majakovskij, di e con Igor Canto e con Cristina Recupito. La prima parte dello spettacolo è un adattamento da Giornale di guerra. Cronaca di Sarajevo assediata di Zlatko Dizdarevic, una testimonianza diretta su uno dei più cruenti episodi dell'ultima guerra dei balcani e, al tempo stesso, una riflessione sulla distorsione degli avvenimenti operata dai media. L'efficacia della rappresentazione si basa esclusivamente sull'uso sapiente del suono, della mimica e della parola dimodoché l'azione si carichi di significato: un bastone piantato violentemente in terra evoca gli spari e le esplosioni, che in filmati spesso diffusi tramite canali non ufficiali portano la verità oltre l'Adriatico e nel mondo più efficacemente di qualunque comunicato stampa; un comune atto quotidiano, come attraversare una strada per procurarsi qualcosa da mangiare o per vedere una persona cara, diventa un numero di equilibrismo tra la vita e la morte; un esercito in marcia scorre tutto nello sguardo attonito di una vecchia e di una bimba.

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    1. Ricordo benissimo lo spettacolo di Igor Canto e Cristina Recupito, che mi emozionò fin dalle prime battute. E' stato un appassionato esempio di come si possa raccontare l'indicibile e il rimosso, mettendo in gioco semza respiro tutto ciò che un attore possa dare. E' questo teatro che latita, che non si tiene in giusto conto e che può tormentare, ma anche appagare.

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