giovedì 11 luglio 2013

La vita al guinzaglio del “Soldato Woyzeck”



La virtù? Roba da signori, da persone tranquillamente inserite nel sistema, non certo alla portata di un proletario che deve quasi chiedere scusa di essere vivo. Crudele come una rasoiata, il “Soldato Woyzeck” diretto e interpretato da Monica Maiorino secondo il libero adattamento di di Aniello Nigro dell’opera di Buchner, è stato applaudito al Complesso di Santa Sofia a Salerno nel corso della IV edizione de “Il gioco serio del teatro”, la rassegna curata da Antonello De Rosa. L’umiliato e offeso protagonista (un Aldo De Martino che è perfetta immagine della fatica di vivere) non è semplicemente la nota stonata della società, ma riflesso della sua tendenza a reggere al guinzaglio le vite altrui, che sia il militare compiaciuto della sua arrogante virilità (Geremia Longobardo), il medico perso nelle sue opprimenti e fatue analisi (Eduardo Ricciardelli) o la moglie di Woyzeck, oggetto di desiderio (imprigionata in un lungo scialle che ne blocca i movimenti), ma mai vera padrona della sua esistenza. Nell’assecondare il carattere frammentario dell’opera e la fragilità espressa dalla figura principale, l’allestimento si basa su uno scambio di piani temporali in cui i comprimari si mostrano spesso come ombre dietro uno schermo (divenendo così a loro volta stati d’animo mai pacificati dell’uomo) e su di un simbolismo di grande immediatezza (il baule in cui si trova il figlio del soldato, sua unica ricchezza; il cappio attorno al suo collo; i commilitoni presentati come fantocci). La natura bruta ha diritto di essere se stessa, la vittima del sistema no. E l’alba della vera liberazione resta il sogno di un morente.

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