sabato 14 marzo 2015

A Foggia Luca Trezza in Www.testamento.eacapo


Sedersi al computer, chattare, fantasticare sull’interlocutrice di turno. Nulla di più usuale al giorno d’oggi, ma è nell’ordinario che si annida il male di vivere, l’incapacità di distinguere l’autentico dal falso. Wwww.testamento.eacapo del salernitano Luca Trezza, in scena fino a oggi alle 21 al Teatro dei Limoni di Foggia, è un flusso di coscienza che disorienta e affascina lo spetattore fin dalle prime battute. Non è semplicemtente il resoconto convulso dell’alienazione causata dal web a cui siamo tutti esposti e che suscita l’ironia dell’autore laddove la retorica degli addetti ai lavori pretenda di indicare soluzioni.Trezza elabora con cura minuziosa la resa scenica del paradosso insito nella comunicazione virtuale: unione che conduce alla dispersione, contatto che diviene distanza, espressione del proprio sé che è annebbiamento e perdita. La lingua adottata si nutre dei più disparati registri linguistici così come è onnivoro il linguaggio dei social, ma quella che vorrebbe essere una contaminazione è in realtà il propagarsi nevrotico dello stesso miraggio. I gesti esasperati, la danza in cerchio con una webcam che è ormai un arto in più, i movimenti bruschi sul palco percepito sempre più come una gabbia rivelano come l’utente sia sempre più sconnesso da se stesso e dalla cosiddetta realtà. L’atomizzazione della coscienza si riflette in scarni oggetti: una rosa, un bicchiere di latte, fogli con emoticon che cadono dal leggio contrappongono il bisogno di rinascita, di purezza, di sentirsi vivi in una passione finalmente adulta a un canale sempre più vacuo e fragile. Il vecchio osservatro nella sua solitudine, il giovane in inutile attesa della ragazza contattata in chat, il marito che uccide la moglie per aver scritto “single” sul profilo Facebook declinano ciascuno a suo modo, come link di carne e sangue, la stessa incapacità di riempire il vuoto di un’anima alla deriva. Nuovi schermi sono pronti ad accendersi, nuovi fantasmi si accingono a consumare l’urgenza del corpo di non bastare più a se stesso.

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