sabato 30 dicembre 2017

“Fiore ammazzato”, lo scandalo della purezza



Uccidere, riservare al defunto il compianto di prammatica, avanzare ipotesi su eventi di cui in realtà si sa ogni dettaglio (“Cos’e femmen, cos’e sord!”).  Tutto è un rituale in un mondo immobile, mentre innocenza e fragilità sono incidenti di percorso. Basato sui testi di Alfonso Tramontano Guerritore, prezioso equilibrio tra concretezza e fascinazione evocativa, “Fiore ammazzato” è lo spettacolo che Antonio Grimaldi ha diretto con successo presso il Centro Sociale di Pagani. Appare una scelta naturale che i sicari al soldo del criminale di turno e le donne raccolte in preghiera alle esequie della vittima siano interpretati dagli stessi attori: lo stesso Tramontano Guerritore, appassionato e coinvolgente, e Alessandro Gioia, che orchestra con saggezza irruenza e dolore, entrambi comari ironicamente ipocrite. Dove infatti non è prevista una via di fuga, si respira la stessa opprimente atmosfera al di là del proprio ruolo. Schizzo e Capitone si muovono con circospezione, anche strisciando sulla schiena, lungo i confini della scena (il contesto violento e rigidamente predeterminato che li condiziona). Al centro di questa geometria, Andrea Torre impersona il ragazzo ucciso per sbaglio, che con spudorato candore racconta la totale immedesimazione nella natura, dove non esistono quei cappi che sono le categorie. Il merlo a cui allude e con cui si identifica, nel riferimento alle piume sparse dappertutto, è immagine della vita stessa, energia inarrestabile e disposta a scompaginare ciò che sembra ferocemente inerte. I due amici pagheranno molto caro l’errore, che in realtà prova come la malavita non sia riuscita a trasformarli negli automi che voleva. Il passo falso apre uno spiraglio sui ragazzi senza filtri né malizia che sono stati e che possono tornare a essere solo dopo la morte. In una dimensione temporale che si gioca su più livelli, tornando su se stessa e aprendo a un futuro che finge prospettive,  il loro passato di abbandono e di abuso risorge come il giocattolo nascosto al cui interno c’è la cocaina (inutile tentativo di dimenticare). Immobili per sempre nell’attimo struggente in cui tutto era ancora possibile, rivivono la purezza che il giovane ucciso, specchio suo malgrado di quel che è stato perduto, anima come un monito. Tra le ciarle delle due donne, non è cambiato nulla, eppure è mutato tutto. Calpestare non basta : lo sguardo innocente è un fiore caparbio, osserva impudico e manda in pezzi i piani. Attenti a ciò che seppellite: tornerà a sbarrarvi la strada.

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