lunedì 26 marzo 2018

“Il giocatore”, la coscienza in palio



Il protagonista avanza su una sedia a rotelle da cui lo fa crudelmente cadere il croupier (Alessio Piazza, perfetto nella sua azione implacabile).Non potrebbe essere altrimenti: il gioco è una malattia invalidante, dato che pone in vendita ciò che dovrebbe avere un valore incalcolabile, cioè la vita. Applaudito al Teatro Verdi di Salerno,“Il giocatore” di Fëdor Dostoevskij, diretto da Gabriele Russo, è la storia di un duplice assedio: quello chela febbre della roulette impone a una coscienza che vorrebbe solo essere riconosciuta e la necessità, da parte dello scrittore russo, di consegnare quanto prima un romanzo, pena la perdita dei diritti d’autore. Di qui il duplice piano narrativo del personaggio e dell’autore su cui incombe il tempo, inteso come partita della sorte. Non a caso è il croupier a girare la clessidra che decide la durata della rappresentazione. L’ossessione dell’azzardo e del possesso condiziona ogni gesto, tanto che ogni somma citata è puntualmente riportata nella corrispondente valuta straniera, euro compreso. Come afferma del resto Aleksej (un Daniele Russo coerente e appassionato), che cosa fanno sempre gli uomini se non giocarsi l’un l’altro qualcosa? Polina (l’affascinante Camilla Semino Favro, che interpreta anche Anna Grigor’evna) è dominatrice e posta in gioco per il protagonista, che a sua volta, come la pallina della roulette, condiziona le altre figure, diventando motivo d’imbarazzo per il generale (l’efficace Marcello Romolo), occasione di ricchezza per Madame Blanche (la convincente Martina Galletta), opportunità di saggia benevolenza per Mr. Astley (il corretto Alfredo Angelici), ostacolo ai suoi piani per De Grieux (Sebastiano Gavasso, attento alla costruzione del suo personaggio) o ancora illusoria guida alla liberazione del tavolo verde per la Baboulinka (la carismatica Paola Sambo), il cui arrivo è preannunciato da rotaie che cadono dall’alto, come tutto ciò che scompiglia un piano. L’aspetto claustrofobico della scenografia (tappezzeria a pezzi, stanze che sono di fatto prolungamento della sala da gioco, gli scrittoi di Fëdor e di Anna disposti in modo parallelo, perché protesi nevroticamente verso lo stesso obiettivo) esprime il carattere beffardo dello sforzo di regalarsi una nuova esistenza. Aleksej abbraccerà Polina in un mucchio di banconote, ma proprio tra queste si porrà in un letto prigione, poiché la vera felicità gli sarà preclusa. Il raggiungimento della meta è un incidente di percorso, non qualcosa su cui scommettere a occhi chiusi. Lo zero che campeggia nel finale, simbolo della massima vincita, promette un successo che si scioglie tra le mani, esattamente come tutti gli altri numeri che lampeggiano sulle pareti. Eppure il dissipatore ha avuto almeno la forza di non restare a guardare. È Aleksej a ricordarlo: “Che bruciarsi un capitale sia più spregevole che accumularlo, è tutto da dimostrare”.

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