lunedì 26 marzo 2018

'Nta ll'aria, il sogno e il desiderio



Come diavolo è possibile finire in tempo un lavoro tra le chiacchiere di un compagno strambo e di una sconosciuta ancora più strana? Eppure ciò che sembra illogico conduce dove non ci si sarebbe aspettati di giungere. Tino Caspanello si conferma artista di quel che è potente nella sua semplicità, firmando il testo, la regia e la scena di “ 'Nta ll'aria”, lo spettacolo proposto con successo al Centro Sociale di Salerno nell’ambito di Mutaverso Teatro, il progetto di Vincenzo Albano. Cinzia Muscolino, Tino Calabrò, Alessio Bonaffini sono perfetti nel restituire la credibilità di individui ai margini del contesto sociale e, proprio in virtù di questa condizione, capaci di cogliere l’essenza delle cose, anche quando comporta disagio o timore. Senza forzature e compiacimenti, ogni azione dell’allestimento è ciò che si coglie e al tempo stesso si apre a significati più ampi. Gli operai sono impegnati in gesti ripetitivi e sfibranti; chi di noi non è inchiodato a consuetudini che diventano di fatto la nostra seconda natura? Il dialogo prende le mosse dallo sguardo lontano del protagonista più singolare, il più bisognoso di contatto umano e insofferente del colore nero con cui dovranno dipingere il balcone dove si trovano, triste come la loro quotidianità. Mentre la ruvida concretezza si oppone alla necessità di regalare alle parole un peso diverso, i due mostrano, nella nuda aderenza al realismo, come solitudine e alienazione siano davvero'nta ll'aria, assorbite come ossigeno. Affacciarsi al balcone diventa un modo per aprirsi al possibile, a un altrove segretamente desiderato. Ed è proprio a questo che tende la donna che irrompe, priva di nome e di maschere, travolgendo la routine con la sua energia. Non ha bisogno di un motivo per essere lì (la porta è aperta e tanto basta), vuole solo godersi l’aria fresca e disorientare col candore della sua disponibilità. Tra offerte di vino e caffè, un improbabile cappello e continue domande, la visitatrice vince la resistenza dei suoi interlocutori. Solo dinanzi a lei conosciamo i loro nomi, come se solo lei sapesse riconoscerli. Incarna la follia, l’infanzia, l’empatia. Coinvolge Mimì e Felice nel gioco, nel sogno di una continua festa e li esorta ad ascoltare se stessi e il mondo, a recuperare la forza del suono (“Come fa il treno?”), a riscoprirsi esseri dotati di emozioni. Il balcone è il confine tra il mistero della vita e gli outsider che possono respirarlo nella sua interezza. La domanda “Come fa il tempo?” rimane però drammaticamente sospesa. Difficile dare voce a ciò che travolgerà tutto. Il più refrattario ad aprirsi, tuttavia, passerà il rossetto con cui hanno scherzato sulla ringhiera del balcone. Che almeno il colore di un sentimento brilli nel buio destinato a ingoiarci.

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