mercoledì 14 giugno 2023

“La signora del martedì”, l’ultimo tango di Nanà

 


Se nella vita si commette un errore, si rischia che costi fin troppo caro, ma nel tango, anche quando si sbaglia, si continua a danzare, annullando tempo e spazio nel seducente afflato di due corpi. Nanà ne è convinta ed ecco perchè ama rifugiarsi in questo ballo ne “La signora del martedì”, lo spettacolo, tratto dall’omonimo romanzo di Massimo Carlotto e diretto da Pierpaolo Sepe, proposto al Teatro Verdi di Salerno. Attraverso un approccio recitativo che sa catturare l’attenzione dello spettatore, rendendosi credibile anche nel momento dell’eccesso, si dipana la vicenda grottesca e crudele di personaggi, di fatto, relegati in un fermo-immagine. Alfredo (un attento e coinvolgente Paolo Sassanelli) è il padrone en travesti della Pensione Lisbona, dove, non a caso, troneggia un orologio senza lancette: non conta affatto lo scorrere delle ore nella granitica dedizione al luogo in cui, come ammette lui stesso, si sente una regina e dove accoglie, con tenerezza di madre, Bonamente (Riccardo Festa, perfettamente a proprio agio tra il dramma e la farsa). Questi è un attore porno male in arnese, ma legato al ricordo delle vecchie glorie, pronto a dedicare le proprie energie, ogni martedì, a Nanà (Giuliana De Sio, che dà prova di carisma e audacia), donna ruvida, scomoda, fin troppo tagliente nei suoi giudizi e atteggiamenti e che ripete, con una precisione che non ammette distrazioni, il rituale dell’incontro clandestino. La scenografia di Francesco Ghisu prevede che lo spazio su cui compare l’orologio si apra, rivelando la camera di Bonamente : scelta coerente, dal momento che l’appuntamento tra i due viene percepito da entrambi come qualcosa d’irrinunciabile e dunque immune ai capricci di un qualunque calendario. Anche la scelta musicale, basata ironicamente su brani del passato, allude a ciò da cui i protagonisti non vogliono staccarsi : il gigolo canta “L’immensità” di Don Backy per esprimere il desiderio di contare davvero qualcosa;  il terzo uomo, che sta per sconvolgere tutto, canta “La notte” di Salvatore Adamo per narrare la propria ossessione. Le certezze, tuttavia, sono solo illusioni e l’equilibrio tra i tre va in pezzi all’apparizione di Pietro Maria Belli (un Alessandro Haber che comunica con efficacia viscido cinismo e tenerezza malata), giornalista di cronaca nera, che smaschera Nanà: costretta a prostituirsi per i debiti di gioco del padre, ha scontato vent’anni di galera per l’uccisione dei genitori e del fratello. A questo punto si hanno continui capovolgimenti di fronte: la donna non solo è innocente, ma Pietro è stato un suo cliente, follemente innamorato di lei, che avrebbe potuto fornire l’alibi per scagionarla, ma ha taciuto per il suo cupo senso del possesso. L’essere costretto su una sedia a rotelle conferma quanto il giornalista sia prigioniero dei propri sentimenti come la protagonista, che rivive, nel clima di un allucinato psicodramma, la violenza della polizia che l’ha spinta a dichiararsi colpevole. Poiché, inoltre, pur di arrivare all’ex prostituta, Pietro ha minacciato Alfredo di infangare la memoria del suo amante, suicida proprio nell’albergo, il travestito, scappando con Bonamente, lo ucciderà e chiuderà Nanà nella pensione, perchè, ancora una volta, paghi per una colpa non sua. La pretesa di avere la vita altrui nelle proprie mani è funesta: non esiste più alcuna differenza tra la “regina”, il gigolo e l’ex cliente, disposti a sacrificare tutto al proprio egoismo. Il suicidio della donna diviene il sogno di un ultimo tango, interpretato con Paolo Persi. Se il cuore nero degli uomini è uno stagno immobile, che almeno la danza racconti quell’altrove che è stato intravisto e poi negato.

 

Nessun commento:

Posta un commento