mercoledì 14 giugno 2023

“Pièce noire”, la crudele ricerca della perfezione

 Il capolavoro è un serpente che si mozzica la coda”, afferma la signora, mentre, con aria rapita, osserva, al di là di una superficie trasparente, il giovane in cui ha riposto tutte le proprie speranze. La perfezione deve continuamente alimentare se stessa, eccedere il limite, ma nessuno può uscire indenne da questa energia che mescola la vita e la morte. Versione crudele e ipnotica del mito di Pigmalione, “Pièce noire (Canaria) di Enzo Moscato è lo spettacolo adattato, diretto e interpretato da Giuseppe Affinito, che ha raccolto calorosi applausi presso il Teatro Ghirelli di Salerno. Pur nella devozione ai temi cari al maestro (la sordida purezza, i bassifondi come redde rationem in cui avvicinarsi al senso delle cose, la mescolanza ardita ed evocativa di registri linguistici, in cui la musica amplia le suggestioni), il regista e protagonista dimostra notevole sensibilità nell’allestimento. Gli interpreti stessi dispongono gli elementi scenici, tra cui gradinate di legno fiancheggiate da piccole gabbie in cui compaiono sagome di uccelli e giungono, in alcuni momenti, sul palco dal fondo della platea : nulla, d’altronde, è più aperto al mondo di un bordello e nulla richiede uno sforzo comune quanto un’attività dedita al pubblico piacere. La signora che regge le fila della vicenda (un’Anita Mosca di raro fascino) è, infatti, un’ex prostituta che gestisce molti locali e ha educato al canto, alla danza, all’esprimersi in italiano tre ragazzi : Bramosia e Cupidigia, da un lato, ribelli e spregiudicati (Luciano dell’Aglio e Rino Rivetti, seducenti e del tutto a proprio agio in un ruolo ambiguo) e Desiderio, dall’altro, (lo stesso Affinito, che rovescerà in attacco spietato il proprio candore), bersaglio dell’aspro sarcasmo dei primi due, l’unico che le stia davvero a cuore e a cui affida il compito di giungere al sublime. Nei panni del maestro di stile Greta Garbo e della monaca guaritrice accorsa a soccorrere lo stravolto Desiderio, vittima del debutto all’Etoile, il più importante dei ritrovi controllati dalla madre adottiva, Domenico Ingenito dà vita a un’interpretazione efficace tra culto dell’apparenza e ascolto di ciò che si nasconde nelle viscere, mentre spetta alla cameriera Sisina (Angela Dionisia Severino, capace di creare immediata empatia nel pubblico) svelare dettagli oscuri sulla signora. Sono proprio gli umili, in Moscato, a ridare il vero volto a persone ed eventi e, secondo Sisina, la signora avrebbe ceduto ad alcuni zingari il bambino nato dal marito americano, derubato e abbandonato, per avere nelle proprie mani i tre ragazzi, da controllare e manipolare proprio come gli uccelli in gabbia di cui ama circondarsi. La vita, tuttavia, è ben peggiore del più minaccioso dei racconti, come mostra lo stupro subito da Desiderio prima del debutto, narrato solo attraverso un vorticoso gioco di luci e come lo stesso “cigno” (così chiamato per l’aura di creatura preziosa che lo ha sempre avvolto) rivelerà, a partire dall’esorcismo laico imposto dalla monaca, dove brandelli di feti rimandano  all’orrore della donna che lo ha allevato. Quest’ultima ha, infatti, ucciso il figlio attraverso la castrazione, nel tentativo di tramutarlo nell’angelo che incarnasse tutto ciò che di eccelso la vita nega, modificando corpi innocenti, e il pupillo, che da prigioniero del sogno vuol diventarne padrone, indossando gli stessi abiti della signora, mira a trasformarsi in lei, assoggettandola. Sarà ucciso dalla donna, pronta a coltivare di nuovo il suo folle sogno, alla notizia di un bambino sperduto giunto alla sua porta. Ogni artista può riconoscersi in lei: ciò che è perfetto è chimera irresistibile, in grado di sopravvivere alla propria fine, ma il buio della carne, la trama oscura delle aspirazioni, offuscano il sole della creazione estetica. E quando allo straordinario si sacrifica tutto, nutrendo della stessa ossessione la vittima e il carnefice, la deriva, come mareggiata instancabile, trascina con sé nello smisurato atto di desiderare.

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