“La confessione” di Walter Manfrè, anime nude in scena
In una sequenza memorabile de
“Il Gattopardo” diretto da Luchino Visconti, il principe Fabrizio (Burt
Lancaster) rimprovera il sacerdote, interpretato da Romolo Valli, per la ritrosia a guardarlo
mentre esce dalla vasca, ricordandogli che “la nudità delle anime è molto più
indecente”. Quella dei peccatori che si alternano ne “La confessione” di Walter
Manfrè è addirittura straniante: istiniti inconfessabili, pulsioni che
riemergono ostinatamente, ipocrisie che vanno in pezzi si susseguono dinanzi
allo spettatore chiamato ad ascoltare e giudicare, mentre un Prete Folle
(Francesco Silvestri) lo catapulta all’interno di questo crudele cerimoniale.
Lo spettacolo, che si terrà a Cosimo dal 24 al 26 maggio presso la Sala Pietro Palazzo, prevede che, su inginocchiatoi disposti su due file,
dieci attori si confessino dinanzi a dieci spettatrici e che dieci attrici
facciano lo stesso con altrettanti uomini del pubblico. Aldo Nicolaj, Stefano Benni, Dacia Maraini,
Vincenzo Consolo, Aurelio Grimaldi sono solo alcuni degli autori dei monologhi,
a cui hanno contributo nel corso degli anni altri scrittori italiani e
stranieri. Offrirsi senza pudore al pubblico e lasciarsi ridefinire da diverse
forme di scrittura fa della rappresentazione un discorso perennemente aperto su
ciò che si vorrebbe dimenticare e una provocatoria messa in discussione dello
statuto teatrale. Il voyeurismo di chi osserva diviene condivisione di una
colpa che è anche specchio, per quanto distorto, della propria umanità; nel denudare
la propria anima davanti a chi lo confessa, l’attore compie una sorta di
maieutica rovesciata. Bisogna abitare il buio per comprendere cosa sia, ammesso
che ci sia, la luce.
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