"Noir", omaggio al genere per antonomasia
È il re dei generi, perché li ingloba tutti.
Ha regole ferree e infinite diramazioni. Ama trasgredire la sua riconoscibilità
narrativa. Il noir sa creare nel pubblico le giuste attese per poi farlo
ritrovare in un vicolo cieco e a questa forma artistica Teatrazione Teatro ha
dedicato l’omonimo concerto-spettacolo ad apertura della rassegna “La fornace
del Teatro” presso l’arena Ghirelli di Salerno. La messinscena, che coinvolge
Adriano Galdi (live electronics) e Goelga (vjing), si basa su scelte che a prima
vista sorprendono. Le proiezioni sempre cangianti e al tempo stesso percorse da
motivi ricorrenti che aprono e chiudono la performance (fome circolari,
prismatiche, effetti ottici presentati da diverse angolazioni e ossessivamente
riproposti, quasi una geometria dell’impossibile alla ricerca di una propria
logica) alludono alla peculiarità del noir: la fluidità del suo statuto
espressivo, il suo carattere labirintico che rende estraneo ciò che era apparso
un attimo prima familiare. La vicenda si dipana attraverso cinque capitoli con
tanto di prologo su Caino e Abele (Il killer, La gran figa francese, il
tassista indiano, L’uomo degli incarichi, Victor Sanchez) e Igor Canto, con la
perfetta impassibilità degli assassini di Melville, deve eliminare su commissione
di un losco individuo un personaggio che si scoprirà legato alla donna che lo
ha tradito. Gli ingredienti del filone ci sono tutti (l’inganno dell’amore, la
suspense, il senso delle cose perdute, la sostanziale estraneità dell’omicida a
qualunque contesto) e diventano oggetto di un gioco parodistico in cui la
corporeità ha un ruolo centrale. La mimica surreale è il punto di forza della
rappresentazione: a Cristina Recupito basta una buffa camminata e un cappello
per creare il personaggio di turno, che sia l’insopportabile tassista o il
mandante dall’immancabile accento siculo. Con l’affetto dello spettatore devoto
i due interpreti evidenziano precisi riferimenti a un certo immaginario: il
prologo stesso è leggibile come rimando all’inesorabilità del male che si trova
in tante pellicole degli anni quaranta come al Samuel Jackson di Pulp Fiction,
amante delle citazioni bibliche al momento di compiere i suoi “lavoretti”. Gli
stessi tempi morti della narrazione rientrano in questo amore per un modo non
convenzionale di raccontare. Il noir è anche misura del disagio e
dell’incongruenza, specchio di quel lato grottesco del vivere che si preferisce
relegare nei libri e nelle pellicole. (foto
di Meri Cannaviello)
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