Provate a dare della vecchia gloria a Willy Clark : saprà
seppellirvi all’istante con il suo sarcasmo affilato. Rassegnarsi al silenzio,
in effetti, è esattamente quello che il vecchio cocciuto non intende fare,
anche a costo di tornare alla ribalta al fianco di quella carogna di Al Lewis. Perfetto
gioco interpretativo, “I ragazzi irresistibili” di Neil Simon, per la regia di
Massimo Popolizio, ha concluso la stagione di prosa del Teatro Verdi di Salerno.
Franco Branciaroli e Umberto Orsini, nei panni rispettivamente di Clark e
Lewis, sono padroni del ritmo scenico, dosando con sagacia amarezza e ironia,
disincanto e desiderio irrefrenabile di mettersi in gioco come ai tempi d’oro,
quando il talento era sufficiente a fronteggiare isterismi e meschinità. Affiancati
da interpreti che lasciano il segno (Flavio Francucci, Eros Pascale, Emanuela
Saccardi, Chiara Stoppa), i due protagonisti offrono un ritratto al vetriolo
delle manie e delle zone oscure tipiche di chi ha conosciuto una grande fama e non
vuole cedere le armi all’ex compagno di trionfi. Come però accade, il vero
nemico osserva dallo specchio: Al è davvero l’anaffettivo che ci viene
descritto o è Willy che non si rassegna al suo temperamento? Quanto lo stesso
Willy ha sacrificato e sa sacrificare alla causa comune, proprio mentre
pretende di essere omaggiato come un imperatore? Il problema è rappresentato
dalle bizze dei due o da un mondo dello spettacolo decisamente inaridito, che
li rivuole insieme in un’atmosfera da revival, ma che appare anche funerea? Il ritorno
alle scene si risolverà in un pasticcio, ma almeno i “ragazzi” sapranno
riconoscersi e avvertire, nella malinconia dell’età, la possibilità di una
vicinanza che non sia né alibi né ripiego. Essere sorpassati dai nuovi tempi
non è affatto un destino crudele: permette di vedere le cose con una chiarezza
che solo il palcoscenico sa donare.
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