Moltiplicare la visione, popolare l’attesa dello sguardo,
dare ai corpi una nuova possibilità: è questo che fa il teatro e su questo
Ferzan Ozpetek ha costruito il successo del suo film “Magnifica presenza”,
diventato uno spettacolo particolarmente apprezzato dal pubblico del Massimo
cittadino. La vicenda è nota: a dispetto delle rimostranze della cugina Maria,
Pietro, che ha la passione della recitazione, si trasferisce in una casa a Roma
e scoprirà che i fantasmi che la popolano sono attori vittime di un terribile
segreto. Tutto nell’allestimento concorre a ricordare che la vita vera si gioca
su di un palco. Nei momenti iniziali, le presenze dell’abitazione (gli
affiatati Serra Yilmaz, Toni Fornari, Luciano Scarpa, Tina
Agrippino, Sara Bosi, Fabio Zarrella) arrivano dalla platea: in
quanto interpreti, infatti, avvertono l’esigenza di accostarsi al pubblico, a
cui hanno dedicato le proprie energie, e dimostrano, in tal modo, che ciò che
gli occhi colgono è solo una piccola parte della verità. Il piccolo schermo che
mostra i dettagli del trucco, proiettati sulla volta del teatro, allude alla
necessità di respirare una finzione non meno autentica del quotidiano. Che sia
solo il protagonista a vedere gli attori (un Federico Cesari convincente nel
suo appassionato candore) dimostra come li accomuni la persistenza del
desiderio: il giovane coltiva ciò che ama, che sia l’arte o un rozzo amante che
lo respinge; la compagnia è immobile per sempre nel debutto dello spettacolo
“Sogno proibito”, che non ha luogo a causa dei nazifascisti giunti a stroncarla
per il suo contributo alla resistenza. Il titolo della rappresentazione, tra
l’altro, è ricollegabile alle vicende del protagonista, che ha, appunto,
proibito a se stesso la felicità, quando gli è mancato il coraggio di
soccorrere in mare il suo primo amore e che, nonostante i consigli degli
spettri per affrontare un provino, si vede tagliato fuori dalla popolarità
cinematografica nel rivelare fino in fondo la parte più vitale e spregiudicata
di sé. La concretezza, infatti, non si accorda all’esuberanza di chi sogna,
come mostra il rude richiamo alla realtà di Maria (una Tosca D’Aquino del tutto
al proprio agio nel ruolo), ma talvolta ne subisce il fascino (di qui la danza
di tutti gli interpreti). Se vivere è un allestimento teatrale, inoltre, tutto
è duplice. È, in effetti, un travestito soccorso da Pietro a rivelare dove si
trovi Livia Morosini, la traditrice del gruppo di artisti, che ha assunto il
nome di Alice Tempesta, un personaggio delle loro commedie. La donna, dunque,
pur tagliando i ponti col passato, ne porta addosso una traccia, unendo alla
propria menzogna quella innocente della messinscena. Maria stessa sposerà il
suo fidanzato incinta di un altro, restando quella di sempre e cambiando
contemporaneamente. La “magnifica presenza” è un diamante donato da un gerarca
a Livia e da lei cercato invano e comparirà nel lampadario in scena soltanto al
saluto del cast agli spettatori, perché la doppia natura delle cose è ovunque. La
scenografia, inoltre, prevede al centro un palco su cui grandi specchi permettono
a chi osserva di riflettersi (in ogni senso possibile) in chi è osservato e
ruoteranno, quando un commosso Pietro
assisterà a “Sogno proibito”. La vita può essere tradimento e inganno, ma il
palcoscenico consola e soccorre con le sue ammalianti bugie.
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