mercoledì 23 ottobre 2013

Accademia di Macerata, a Tomaso Binga una Laurea Honoris Causa



Un’equilibrista del linguaggio, un’esploratrice del significato capace di trasformare vocaboli e forme in occasione di gioco, denuncia, smascheramento graffiante. Ribaltando gli stereotipi che si fossilizzano (ieri come oggi) in una netta distinzione tra maschile e femminile, Tomaso Binga, al secolo Bianca Pucciarelli Menna, ha sempre fatto dell’arte un momento di confronto e di rottura di ipocriti equilibri. In omaggio a una coerenza capace di rinnovarsi continuamente, l'Accademia di Belle Arti di Macerata le assegnerà il 24 ottobre alle 10.30 nell’Aula Svoboda la Laurea Honoris Causa nel corso di una giornata che vede la collaborazione con la Fondazione Filiberto Menna di Salerno, il Dispac / Dipartimento di Scienze del Patrimonio Culturale dell'Università degli Studi di Salerno e la Fondazione Carime. La mostra “Tomaso Binga. Scritture Viventi”, curata da Antonello Tolve e Stefania Zuliani, sarà inaugurata nel giorno del prestigioso conferimento e sarà visitabile fino al 24 novembre presso la Galleria Galeotti in Piazza Vittorio Veneto 7, dove è prevista alle 18.30 la performance a cura di Pierfrancesco Giannangeli “Con 40° all'ombra e 98° di umidità”: qui l’ambiguità della lingua diviene sagace prospettiva conoscitiva. La tematica femnminista, particolarmente cara a questa amante del futurismo e dell’innovazione espressiva, ha rappresentato un motivo conduttore per la necessità di sottolineare la forza benevolmente eversiva della differenza. La ricerca sulla voce, sul gesto, sul corpo, aspetti diversi della medesima energia, ha condotto Binga a una militanza artistica che è dialogo con l’assurdo, cifra inaggirabile del vivere, e incitamento a non lasciarsi irretire dalle trappole di un’anestesa percettiva. La sensazione, madre della conoscenza, è facilmente schiacciata da un’omologazione che pervade la quotidianità sotto ogni punto di vista e di fatto la priva di senso, mentre proprio ad essa l’artista vuole resituire l’attitudine a ridisegnare confini e concezioni. Di qui l’importanza della condivisione e del coinvolgimento degli spettatori nelle performance di Binga, che ha sempre visto in chi dà corpo all’arte un mezzo per approdare a una consapevolezza più profonda. È lei stessa a descrivere il suo lavoro: “Ironia e grottesco, denuncia e dissacrazione, non sense e luogo comune e il sonoro più stereotipato del mondo tecnologico sono stati gli ingredienti principali delle mie poesie performative che, con la poesia sonora, si sono arricchite della energia corporea necessaria a stabilire un tramite più diretto tra il testo e il fruitore”.

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