sabato 19 ottobre 2013

Al Ghirelli di Salerno Renato Carpentieri in "Fuori"



Davvero irritante trovarsi di colpo fuori casa. Soprattutto se ci si accorge di essere esclusi da tutta una concezione del vivere. In scena al Teatro Ghirelli di Salerno fino al 20 ottobre, Renato Carpentieri è regista e interprete con Valeria Luchetti e Stefano Patti di “Fuori”, lo spettacolo prodotto da Fondazione Salerno Contemporanea Teatro Stabile di Innovazione tratto dal romanzo di Vincent Delecroix À la porte. Al centro della vicenda, l’irrimediabile solitudine di chi non può e non vuole riconoscersi in un contesto immiserito dalla superbia e dalla vacuità. Quando uno studente chiude distrattamente la porta della sua abitazione, un professore di filosofia impegnato in un articolo sul Fedone, dove non a caso l’ansia di liberarsi dalla bieca materialità è particolarmente viva, si abbandona ai suoi pensieri in un contesto urbano ricostruito con pochissimi elementi: tre ingressi, il tavolino di un bar, un manifesto strappato. L’essenzialità della scenografia isola ancora di più il protagonista in un’omologazione che toglie riconoscibilità a luoghi e persone: la cameriera che, cambiando parrucca, muta anche l’atteggiamento nei confronti del professore, allude a una visione della vita come scambio di maschere incongrue. In un mondo che pullula di geni morti e viventi pur annegando in una spaventosa ignoranza, che obbedisce al calcolo, all’ipocrisia, alla moda, il dialogo con chi non c’è più sembra offrire un minimo di conforto, subito spento (il rumore insopportabile che impedisce al professore di udire il fantasma di suo padre, la figlia morta che potrebbe incarnare la filososfia stessa, amata sopra ogni cosa). Non c’è da stupirsi se quadri splendidi appaiono dietro la porta di un bagno: l’Arte, medicina dell’anima, ormai lontana da occhi incapaci di coglierne la forza, rifugge le morte strutture che fingono di ossequiarla (i musei) e si apre, inaspettatamente, oltre le convenzioni, a chi sa desiderarla. È la bellezza l’unico antidoto al morbo di una civiltà crudelmente ottusa. Gli infermieri che sbarrano la strada al docente, impedendogli il ritorno nella sua casa, sono emblema di una visione borghese che non perdona la differenza. L’uomo porrà dinanzi al volto un ritratto di Van Dick, mentre i fantasmi dei genitori lo contemplano da lontano, come ad attenderlo: una morte che vuole essere una rinascita, fuori da una società che è a sua volta già morta senza saperlo.

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