domenica 20 ottobre 2013

Al Verdi di Salerno "Le voci di dentro" secondo Toni Servillo



La vita è sogno, dicono i poeti. Ma un sogno oscuro, contraddittorio, da cui è impossibile evadere. Nel suo allestimento de Le voci di dentro, l’opera più crudele dell’amato Eduardo in scena fino al 20 ottobre al Teatro Verdi di Salerno, Toni Servillo, regista e interprete, si mostra particolarmente attento alla dimensione onirica del testo che contribuisce a rendere indecifrabile un qualsiasi punto di riferimento. Le scene di Lino Fiorito prediligono una nudità evocativa in cui far muovere il cast (Chiara Baffi,  Betti Pedrazzi, Marcello Romolo, Gigio Morra, Lucia Mandarini, Vincenzo Nemolato, Marianna Robustelli, Antonello Cossia, Daghi Rondanini, Rocco Giordano, Maria Angela Robustelli, Francesco Paglino, su cui primeggia Peppe Servillo, un Carlo Saporito credibilissimo nel suo viscido egoismo): il primo atto presenta solo ciò che è strettamente funzionale al racconto, una credenza e un tavolo con delle sedie, per porre in maggiore risalto, con la luce tendente all’opaco di Cesare Accetta, gli ambigui comportamenti dei personaggi. Il divisorio che nel secondo atto separa dal proscenio la soffitta di Zi’Nicola (che nella sua muta saggezza al vetriolo non potrebbe che guardare tutto dall’alto) e il gioco di chiaroscuri rendono sempre più sfuggenti gli interlocutori di Alberto, il cui isolamento spirituale è tanto più evidente quanto più le altre figure lo incalzano. Nella luce abbagliante della conclusione, quando le macerie dell’etica sono più chiare del sole, il protagonista  si slancia verso l’ingresso buio della sua casa nel tentativo di interpretare il segnale rivelatore che ha udito (o si è illuso di udire) da parte dello zio ormai defunto, come a rintracciare nell’inconscio, dove tutto ha avuto inizio con il sogno mostruoso, un’impossibile risposta alla logica malata degi uomini. E quando Carlo si addormenta nella medesima posizione della cameriera di casa Cimmaruta all’inizio sotto gli occhi smarriti di Alberto, non resta che contemplare l’amara verità: la comprensione e la giustizia sono più evanescenti di un sogno, proprio come chi le desidera disperatamente.

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